Il numero uno al mondo del taekwondo Simone Alessio si è raccontato in esclusiva a Calabriaonweb a margine della premiazione, con una targa di riconoscimento, voluta dal presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso.
Con lo stop all’attività agonistica dopo una stagione intensissima e piena di successi è arrivato il momento di un po’ di meritato relax in Calabria, nella tua Sellia Marina. Riavvolgiamo però brevemente il nastro. A fine maggio a Baku sei diventato campione del mondo nella categoria 80 kg, bissando l’oro dell’edizione 2019 (categoria 74 kg). Cosa hai provato e quali differenze ci sono state tra le due vittorie?
“L’emozione del secondo titolo è stata tanta. Il primo titolo iridato sicuramente è arrivato con tutta la spensieratezza di un ragazzo di diciannove anni che si divertiva a fare il suo sport. Un risultato che non si aspettava nessuno. Da outsider senza nessuna aspettativa sono riuscito a vincere contro avversari di grande livello. Il secondo titolo mondiale è stato diverso perché mi sono presentato da primo del ranking. Tutti mi conoscevano, mi hanno studiato e tutti hanno cercato di allenarsi per battermi. Quindi la vittoria di Baku è diversa perché figlia dell’esperienza accumulata, e si è visto per come abbiamo gestito le gare e combattuto gli incontri. Ma soprattutto una vittoria che mi ha permesso di fare ‘quel gradino in più’ in vista di Parigi perché se tu arrivi da numero uno e campione del mondo a livello psicologico parti davanti a tutti. E questo è un particolare che abbiamo curato molto con il mio allenatore”.
Ecco l’aspetto mentale che ha fatto la differenza tra il primo successo e quello di maggio e che ti porta già a proiettarti verso le Olimpiadi di Parigi 2024 della prossima estate.
“Indubbiamente a livello psicologico questo mondiale è stato massacrante perché venivo dal precedente in Messico nel quale avevo perso malamente, sempre da primo del ranking. E' stata una botta psicologica incredibile. La sensazione che provavo era di cadere nel baratro, di vuoto, di non riuscire più a riprendere il cammino del 2022. Anche se ho vinto subito dopo il Gran Prix Final è come se nella mia testa non ci fosse mai stato quel successo. Lo avevo annullato. È stata una grande lotta mentale che ho superato arrivando al mondiale. Lì ho sentito come un click mentale che ha cambiato tutte le cose. Questa è stata un’esperienza che mi ha giovato tantissimo al mondiale ma spero anche nel lungo cammino in vista delle Olimpiadi”.
Sarà la tua seconda dopo Tokyo.
“Si. In Giappone ho pagato la poca esperienza ed ho commesso l’errore di pensare che fosse tutto facile. Mi sentivo ancora l’outsider del 2019 ma non era cosi. Contro il numero uno tutti raddoppiano le energie e bisogna essere pronti mentalmente”.
Alla luce del risultato ottenuto pensi che abbia influito il fatto che l’Olimpiade sia stata posticipata di un anno causa covid?
“No assolutamente. Anzi per me è stato un vantaggio perché nel 2020 non avevo la stessa testa del 2021 e probabilmente non sarei neanche riuscito a qualificarmi”.
Vivi a Roma dove ti alleni nel centro tecnico della FITA federazione italiana taekwondo ed il tempo per tornare in Calabria è sempre poco dati i numerosi impegni. Che rapporto hai con la tua terra?
“Essere calabrese è un orgoglio che cerco sempre di testimoniare ovunque mi trovi, in Italia o all’estero. Una terra che mi ha formato caratterialmente, dandomi la forza per superare le difficoltà tipiche dell’adolescenza. La calabresità me la porto sempre dietro. Ecco perché aver ricevuto questo premio dal presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso è un grande onore”
La differenza rispetto ad altri atleti e sport è che tu devi rientrare in un certo peso per poter gareggiare. Altro aspetto che devi gestire a livello mentale.
“Metti quando se in difficoltà, in dieta, soprattutto col caldo ad agosto. Adesso peso 87 kg e quando torno a Roma dovrò pesare 80 kg. Sarà una tragedia (ride ndr)”.
Durante la premiazione il presidente FITA Calabria Giancarlo Mascaro ha sottolineato quello che è il tuo ruolo, in un certo senso di ambasciatore del movimento calabrese. Quanto sei orgoglioso di ricoprire a soli 23 anni questo ruolo ed a che punto è il taekwondo in Calabria?
“Per me è un grande onore perché spero di poter essere per loro un esempio come atleta. La scuola calabrese ha avuto un grande passato. Spero di essere il presente ma il futuro si sta già inizando a far vedere i suoi frutti come dimostrano le medaglie portate a casa dalla Calabria in coppa italia. Adesso inizieranno i raduni nazionali per le varie gare in programma per ‘cadetti’ e ‘junior’ e penso che qualche ragazzo calabrese potrà rappresentare la nostra regione anche in queste occasioni. In prospettiva futuro è roseo. La scuola calabrese ha ancora un piccolo gap da colmare con regioni come la Puglia o il Lazio e questo per tutti noi deve essere da sprono per continuare a crescere ma in generale essere tra le prime cinque regioni d’Italia è un grande vanto”.
Chi ti conosce bene sottolinea sempre la tua umiltà e semplicità fuori dal tatami. Eppure sei il numero uno al mondo del taekwondo. In questo quanto ti ha aiutato la tua famiglia e se c’è anche un lavoro specifico che fai con il tuo staff?
"Sicuramente la mia famiglia mi ha aiutato tanto. Mia madre mi ha detto bravo solo dopo il secondo titolo mondiale. Dopo il titolo del 2019 venne da me a ricordarmi che mancava poco agli esami di maturità. Devo molto ai miei genitori. A livello di combattimento come atleta invece sono molto arrogante. Sul quadrato, in allenamento, sportivamente parlando devo essere molto spocchioso. Nella mia testa per poter andare a combattere nel miglior modo possibile devo essere sempre arrabbiato. In questa maniera riesco ad avere la lucidità giusta per risolvere le situazioni che si presentano in gara. Questo però sul tatami ed è anche molto stancante farlo. Quando finiscono gli allenamenti sono la persona più tranquilla del mondo. Il mio maestro mi disse una volta che chi fa tanta fatica in allenamento dopo ha solo voglia di rilassarsi".
Tornando alle gare Parigi chiama Parigi nel senso che Olimpiade a parte a settembre ripartirai dalla capitale francese con gli impegni ufficiali.
"Una città che amo molto. E poi quella di settembre è una gara a cui tengo parecchio. A Manchester dopo due vittorie (mondiale ed europeo) alla terza sono arrivato secondo. Quindi siccome a Parigi ho già vinto due gare e la prossima sarà la terza devo cercare di ottenere il massimo”.
Gli atleti spesso sono scaramantici. Tu lo sei?
“Sono molto scaramantico. In tutto. A due settimane dalla gara divento scaramantico su qualsiasi evento riguardi la mia quotidianità. Sono soprattutto rituali mentali. Dal primo fatto all’età di 16 anni, su consiglio di mio padre per migliorare la concentrazione, nel corso degli anni se ne sono aggiunti tanti altri e quindi ormai per sicurezza li ripeto tutti”.
Hai un idolo a livello di sport individuali a cui ti ispiri?
“Sono sincero, no. Sportivamente parlando come dicevo prima sono cosi tanto arrogante che mi reputo al di sopra di tutti”.
E non può che essere questa la mentalità da avere per ottenere i risultati ai massimi livelli. Riuscire a miscelare bene la semplicità nella quotidianità con l'arroganza in gara di chi si sente il più forte di tutti. Che poi è la caratteristica dei grandi atleti. Dei vincenti, di quelli che scrivono la storia dello sport rimanendo per sempre nelle pagine più preziose da tramandare alle future generazioni. Simone Alessio è esattamente cosi. Sono più gli altri a ricordargli chi è e cosa ha vinto. Lui pensa già al prossimo obiettivo, al prossimo avversario da battere sul tatami, come se ancora dovesse ottenere il primo grande successo. Ed invece ha vinto praticamente tutto. E' stato il primo taekwondoka Italiano a vincere una medaglia d’oro ai campionati mondiali dopo che si era già laureato campione europeo juniores nel 2017 e campione italiano nel 2018. Nel 2019 ha ricevuto il Collare d’oro al merito sportivo (la massima tra le onorificenze del Comitato olimpico italiano) e nel maggio dello scorso anno ha vinto l’oro agli Europei. Senza contare i successi ottenuti al Grand Prix. Manca solo una cosa da aggiungere al palmares ma non è necessario ricordarglielo perché è il suo chiodo fisso. L’oro olimpico per entrare nella ristrettissima cerchia delle leggende del taekwondo e dello sport mondiale.