Il professore Salvatore Spagnolo, di origini calabresi, è un cardiochirurgo di grande fama ed ideatore della tecnica di inversione della circolazione del sangue nelle arterie polmonari, la Retrograde pulmonary perfusion, per il trattamento dell'embolia polmonare massiva, che, prima della tecnica, aveva esito quasi sempre fatale.
Il professore ha messo a punto una nuova tecnica chirurgica nel trattamento degli aneurismi della radice aortica e dell'aorta ascendente, la NewOld Technique. Tale tecnica si basa sul concetto di non sostituire la parete aortica aneurismatica ma di ripristinarne la normale configurazione anatomo-funzionale mediante una plastica ricostruttiva della parete e, successivamente, stabilizzarla mediante l'applicazione, all'esterno, di una nuova parete in pericardio. Negli ultimi tempi la tecnica innovativa in campo cardiovascolare adottata dal professore Salvatore Spagnolo ed dalla sua equipe ha determinato dei vistosi miglioramenti nei pazienti affetti da sclerosi multipla, morbo di Parkinson e morbo di Alzheimer. Con il professore, abbiamo parlato delle malattie neurodegenerative ma anche del suo attaccamento verso la Calabria.
Qual è la correlazione tra stenosi vene giugulari e malattie neurodegenerative?
In cardiochirurgia, per la facile accessibilità al cuore, i numerosi mezzi diagnostici a nostra disposizione, ci hanno fatto capire che le cause che possono scatenare una patologia cardiaca sono da ricercare prevalentemente non nella cellula cardiaca ma all’esterno del cuore. In neurologia, per la presenza della scatola cranica, è stato veramente difficile capire come funziona e come si ammala la cellula nervosa. Nella sclerosi multipla, ad esempio, da più di 100 anni, la ricerca scientifica è concentrata nello studio della placca infiammatoria che caratterizza questa patologia. Solo negli ultimi anni, con la introduzione nella diagnostica neurologica della Risonanza Magnetica, si è scoperto che nei malati di sclerosi multipla si ha una riduzione della perfusione cerebrale che compare precocemente e porta a una sofferenza progressiva di tutto il tessuto cerebrale. Questa ridotta ossigenazione del cervello agisce indipendentemente dai processi infiammatori che periodicamente colpiscono il tessuto cerebrale. La causa di questo ridotto apporto di sangue non è conosciuta. Noi, recentemente, abbaiamo introdotto in cardiochirurgia uno strumento denominato Near infrared spettroscopy, che ci permette di controllare continuamente la circolazione arteriosa cerebrale durante la circolazione extracorporea. Se si verifica un abbassamento della pressione arteriosa, nel monitor compare una riduzione della perfusione cerebrale. Grazie alla utilizzazione di questa apparecchiatura abbiamo documentato che la chiusura delle vene giugulari porta costantemente ad un abbassamento del flusso sanguigno nel cervello. Questo significa che, nella circolazione cerebrale, la chiusura delle vene giugulari causano la stessa ipoperfusione cerebrale causata da una ostruzione delle vie arteriose. Questa dimostrazione, già in precedenza riportata da altri autori durante la chiusura della vena cava, apre ampie prospettive nella conoscenza delle malattie degenerative cerebrali. Noi, in base a queste conoscenze ed alla costante associazione tra stenosi delle vene giugulari e sclerosi multipla da riportata 150 pazienti da noi operati, abbiamo dimostrato che la stenosi delle vene giugulari è la causa dell’ipoperfusione cerebrale riscontrata con la risonanza magnetica. Inoltre, per i rapporti diretti tra circolazione venosa cerebrale e sistema cavale, è ipotizzabile che patologie croniche ostruttive del sistema venoso cavale associate ad aterosclerosi del circolo arterioso cerebrale possa portare ad una distruzione progressiva delle cellule nervose caratteristiche della malattia di Alzheimer. Nuove ricerche stanno iniziando per analizzare i rapporti tra malattie artero-venose e patologie neurodegenerative.
Quali sono le atre novità in questo campo?
Un’altra novità è quella da noi evidenziata nei pazienti con sclerosi multipla e stenosi delle vene giugulari. Iniettando del liquido di contrasto nelle vene giugulari al di sopra della stenosi, abbiamo dimostrato che il sangue venoso proveniente dal capo, dalla bocca e dal collo, entra nelle vene giugulari e non va verso il cuore ma inverte la direzione del flusso e refluisce nel circolo venoso cerebrospinale.
Questo circuito da noi evidenziato ha due conseguenze gravi:
1) In presenza di virus o batteri nel cavo orale, si può verificare il loro passaggio nel circolo venoso e raggiungere il cervello
2) potenti colpi di tosse o manovre di Valsalva prolungate possono causare alti valori pressori nella cassa toracica che, attraverso le vene giugulari, raggiungono i rami periferici delle vene cerebrali e causano una loro lacerazione. Il passaggio nel tessuto cerebrale di sangue e virus sviluppa la formazione di nuove placche.
A conferma di questa mia ipotesi vi sono una valanga di studi sperimentali che dimostrano come la vena è sempre al centro della placca infiammatoria. Obiettivamente prima della scoperta di questo nuovo circuito venoso, era impossibile individuare una forza in grado di lacerare i rami periferici del tessuto venoso. Allo stato attuale delle conoscenze possiamo affermare che l’ostacolo al deflusso del sangue dal cervello è la causa principale sia della ipoperfusione cerebrale sia della lacerazione dei rami venosi periferici con la formazione delle placche. Nuovi studi sono necessari per scoprire il rapporto tra stenosi sia arteriose che venoso con la distruzione progressiva delle cellule nervose che caratterizzano il morbo di Alzheimer.
Quali sono gli effetti sui pazienti?
La plastica di allagamento delle vene giugulari permette il ripristino di una normale perfusione cerebrale ma i vantaggi percepiti dal paziente dipendono da due fattori:
- Il numero di lesioni visibili ed il grado di atrofia cerebrale conseguenti alla durata della malattia. Le lesioni cerebrali non hanno nessun miglioramento con l’intervento.
- Il calibro delle vene giugulari
I pazienti che traggono il maggior vantaggio sono quelli con vene di buon calibro e con scarse lesioni cerebrali. Su 128 pazienti operati in 28 casi c'è stato un notevole miglioramento clinico e nessuna recidiva a distanza. In 82 pazienti con molte placche si è avuto un miglioramento della sintomatologia, ma scarsa variazione dei sintomi correlati a lesioni cerebrali. In 19 pazienti con vene piccole abbiamo riscontrato uno scarso miglioramento nella sintomatologia. Attualmente questi pazienti non vengono più operati.
Lei, è un cardiochirurgo. Qual è il rapporto tra neurologia e chirurgia delle vene?
In cardiochirurgia, temiamo moltissimo le complicanze neurologiche che possono comparire dopo la circolazione extracorporea. Attualmente per meglio monitorizzare la circolazione cerebrale utilizziamo la Near Infrared Spettroscopy che ci segnala continuamente se il cervello è ben irrorato o no. Inoltre, vi è un capitolo della cardiochirurgia che tratta le stenosi a carico delle vene del sistema cavale. Attualmente noi abbiamo dimostrato il rapporto diretto tra malattie neurodegenerative e la ostruzione delle vene. Sarà sempre più necessaria una collaborazione tra le varie specialità per evitare che i pazienti vengano operati quando sono già distrutti dalla malattia.
Lei è originario della Calabria, cosa le manca della sua terra e come vede in questo momento la sanità calabrese?
L’affetto che lega un calabrese alla propria terra di origine è così profondo da costituire capitoli bellissimi della letteratura. Immagini che il mio sogno attuale è quello di dirigere un Centro per lo studio delle malattie neurodegenerative e per il trattamento dei pazienti affetti da sclerosi multipla o morbo di Parkinson. Pur essendo un ottimista, penso che questo rimarrà un sogno.