A colloquio con il teologo Giuseppe Silvestre su una delle correnti di pensiero teologico più discusse del ‘900. Dopo la morte a Lima (ottobre 2024) all’età di 96 anni del teologo Gustavo Gutiérrez, il padre della Teologia della Liberazione (l’atto di nascita è il saggio Hacia una Teologia de la liberación del 1969 cui segue il volume Teologia della Liberazione.
Prospettive pubblicato a Montevideo nel 1971) si susseguono dappertutto le riflessioni su una delle correnti di pensiero teologico più discusse del ‘900.
Sul messaggio che Gutiérrez lascia in eredità, Giuseppe Silvestre, rettore della Chiesa del “Monte dei Morti e delle Misericordia” di Catanzaro, 81 anni e un curriculum pregevole (ha insegnato Teologia sistematica nell’ Istituto Teologico San Pio X ed è cultore di diritto canonico ed ecclesiastico all’Università Magna Graecia), ha svolto di recente all’Università di Pisa una corposa relazione. E con cognizione di causa: la TdL l’ha vissuta da missionario in Brasile per 7 anni, facendo esperienza del drammatico scenario dell’America Latina (“saccheggiata e oppressa”) e sulla TdL ha scritto, nel 1996, un libro di 239 pagine, nonché articoli e contributi in opere collettanee.

Tra le numerose sue pubblicazioni, l’ultima, Una cristologia per un nuovo umanesimo (Cantagalli, Siena 2024), con la prefazione del cardinale Domenico Battaglia, è dedicata ai 94 morti (di cui 34 bambini) annegati a Cutro il 26 febbraio 2023 e a tutti i migranti morti in mare
Il domenicano Gutiérrez, nell’America Latina sconvolta dalle ingiustizie, fin dal 1969 sentì il bisogno di calibrare, con “l'opzione preferenziale per i poveri e gli oppressi”, la riflessione teologica in una realtà segnata dalla povertà.
Uno dei capisaldi del suo pensiero, ispirato dal brano evangelico delle Beatitudini, è la profonda dignità degli ultimi. Vuole spiegare i punti essenziali su cui poggia la TdL?
“Gutiérrez, consapevole che la povertà per noi cristiani è unasfida che ci interroga sulla pratica della nostra fede eche non si può rispondere solo con atti di solidarietà amorevole, ci invita a impegnarci fattivamente per rimuovere le cause della povertà. Perciò, avverte l’esigenza di passare da una teologia accomodante, che tende a giustificare ildisastroso status quo dell’America Latina, ad una teologia critica e liberante”.
La TdL si contrappone ad altre correnti teologiche?
“Affronta la positività della fede da una prospettiva particolare: il povero e la sua liberazione.
E cerca di leggere il binomio ‘oppressione - liberazione’,interpretandolo alla luce della fede, avendo come orizzonte la liberazione integrale che Cristo ha portato nel mondo con la sua incarnazione-redenzione.
Non vuole essere in opposizione con le altre correnti teologiche, ma in complementarità critica. La fede è il punto di partenza formale e ‘principio ermeneutico determinante’, invece la prassi è il punto di partenza materiale, per scoprire la funzione sociale della fede a partire dai poveri.
Volendo contestualizzare il messaggio del Vangelo e gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, in ordine alla liberazione integrale dell’uomo di fronte allo scandalo delle ingiustizie, la TdL tocca trasversalmente il rapporto fra teologia ed ecologia e il problema etico.
Se la prassi è il punto di partenza, si richiede alla teologia un concreto agire nella storia umana in cui Dio interviene continuamente, come si evince dagli eventi della storia della nostra salvezza nell’Antico e nel Nuovo Testamento.
E si richiede un agire umano informato all’agire di Dio. La prassi è, in primis, un concetto cristiano, ancorché essere mediato da questa o da quest’altra sociologia. È la teologia che deve illuminare l’uomo nella sua storia quotidiana, sia nel contesto culturale, sociale, economico che nel suo rapporto con il creato”.
In sostanza la TdL chiede come sia possibile definirsi cristiani, quando i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi e milioni di persone muoiono di fame. È esatto?
“La TdL ha il suo abbrivio dalla cruda realtà dei poveri, che ci interpellano e chiedono: com’è possibile essere cristiani e vivere la fede in un mondo zeppo di ingiustizie e annunciare il Dio della vita in un mondo in cui milioni di persone subiscono violenze e soprusi?
Giovanni Paolo II - citando anche l’insegnamento di papa Paolo VI nella Populorum Progressio - durante la Conferenza episcopale latino-americano di Puebla nel 1979 (in cui fra l’altro si denuncia il peccato sociale alla base dell’impoverimento delle masse e si implora il condono del debito estero dei paesi poveri), ha messo in guardia dalle ideologie imperversanti nel Secolo breve e sottolineato che la vera liberazione è quella portata da Cristo: ‘liberazione da tutto ciò che opprime l’uomo, ma che prima di tutto è salvezza dal peccato e dal maligno, nell’allegria di conoscere Dio e di essere conosciuti da lui’.
E ancora: ‘non ci si può rassegnare di fronte alle ingiustizie, perché Dio non vuole che alla crescente ricchezza di pochi corrisponda la miseria crescente delle masse’.
Per la TdL l’interlocutore è il povero, ovunque siano calpestati i suoi diritti. Da qui l’opzione privilegiata verso i poveri delle realtà latino-americane, che non è una scelta politica o sociologica, ma biblica e teologica, come ribadisce papa Francesco nell’EvangeliiGaudium.
Così, il povero è luogo teologico, non nel senso classico di fonte, ma nel senso dinamico e profetico. Luogo dove si manifesta, in maniera autentica e speciale, la presenza di Dio”.
Il povero, però, non inteso come soggetto passivo e in perenne attesa dell’aiuto del prossimo…
“Esatto. Occorre non solo conoscere, ma anche condividere la vita del povero, inteso non solo come destinatario di solidarietà, bensì come soggetto attivo e protagonista della sua storia.
Il povero è evangelizzato perché accoglie l’annuncio della ‘bella notizia’ e, nello stesso tempo, evangelizzatore, perché reclama una Chiesa coerente con il Vangelo.
Come dice san Paolo, con forza insuperabile: ‘Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti’, quindi Dio si serve dei poveri per richiamarci alla conversione a una vita sobria ed essenziale.
E poi: ‘Il povero aiuta a scoprire l’incompatibilità tra le esigenze evangeliche e una società ingiusta e creatrice di povertà. Il cristiano deve collaborare e adoperarsi ad eliminare le cause della povertà per quanto è possibile. I beni hanno una destinazione universale e devono circolare. Deve essere capace di leggere i segni dei tempi e ‘vedere una saldatura tra liberazioni storiche e lavera liberazione, quella che nasce dalla liberazione dal peccato, che inquina le strutture e le istituzioni ed è alla radice dei meccanismi sociali ed economici che creano povertà”.
La TdL, specie negli anni 70 e 80, fu fortemente osteggiata dai poteri costituiti, sia in America Latina che in Occidente.
Metteva in discussione le gerarchie dei poteri e dei valori dal punto di vista del povero, del proletario e dei dannati della terra. Ne conviene?
“Certamente si, perché si pone in maniera critica di fronte alla situazione sociale, culturale e politica della realtà dell’America Latina, contrassegnato da fame, miseria, analfabetismo e da condizioni di vita disumane, violenza, sfruttamento e cultura di morte. Non frutto del caso, ma provocati da precisi meccanismi politici ed economici su cui non si poteva tacere, anzi obbligava i cristiani, spesso a costo della vita, a dare concretezza all’imperativo etico ed evangelico per rimuoverne le cause. Tutto ciò infastidiva chi governava un ordine incentrato su profonde ingiustizie, al punto di scatenare violente repressioni che coinvolgevano ogni tipo di dissenso. Voglio ricordare che durante il periodo della dittatura militare fino al 1984, in Brasile tutti i missionari eravamo schedati e sospettati di turbare, con il nostro lavoro in mezzo ai poveri nelle periferie delle grandi metropoli, l’ordine costituito e lo status quo”.
La definizione secondo lei più efficace della TdL?
“Anzitutto quella di Gustavo Gutiérrez: ‘è un tentativo di riflessione, a partire dal Vangelo e dall’esperienza di uomini e di donne impegnati nel processo di liberazione di questo continente di oppressione che è l’America Latina. Riflessione teologica che nasce dall’esperienza condivisa, nello sforzo comune per far sparire l’attuale situazione di ingiustizia e costruire una società differente, più libera e più umana’.
Tra le altre, tante e autorevoli, quella del teologo francescano Leonardo Boff che che la definisce (‘La Tdl parte da un’indignazione etica di fronte alla povertà che Dio non vuole per i suoi figli, È una teologia con forte dimensione profetica e missionaria’) e pone una domanda cruciale: ‘che prassi di fede è stata vissuta (in America Latina) per permettere questa situazione storica e legittimare i detentori del potere oppressore?’”
Non nasce però dal nulla né all’improvviso. Vuole soffermarsi su chi e cosa l’hanno preceduta, agevolandone diffusione e affermazione?
“I prodromi della TdL si possono intravedere anche in Europa, in specie negli anni della Guerra fredda, quando sembrava che gli unici interlocutori della teologia fossero l’ateismo e il secolarismo.
Jürgen Moltmann, il teologo evangelico di Amburgo, conla Teologia della Speranza uscito nel 1964, è senza dubbio uno dei precursori più autorevoli che si lascia interrogare dalla realtà del secolarismo e del materialismo, perché sia trasformata dalla forza della fede: ‘chi spera in Cristo non si adatta alla realtà così com’è, ma continua a soffrirne e contraddirla. Pace con Dio significa discordia con il mondo’.
Johann Baptist Metz, invece, sostiene che il segno distintivo del cristiano è la ‘riserva escatologica’ che non riguarda solo il mondo che verrà ma il presente, per cui ‘libertà, pace, giustizia’ non possono venire identificate con nessun assetto sociale raggiunto dagli uomini, e mettono il cristiano in un atteggiamento critico e dialettico con la potenza cristiana dell’amore. Dietrich Bonhoeffer, pastore evangelico e protagonista della resistenza al nazismo (fu assassinato in un campo di concentramento), parla di un ‘cristianesimo non religioso’.
Vede la vita umana e la storia come realtà penultime che hanno in Dio il loro definitivo approdo. Ossia, la nostra partecipazione alla Resurrezione di Cristo con l’incontro definitivo con lui.
È proprio la Resurrezione che deve illuminare il ‘penultimo’, la storia la vita dell’uomo e della società, per cui egli pensa che la vita con Dio e con gli uomini e per gli uomini, dovrebbe essere sempre più esposta al mondo per trasformarla”.
Quali le radici storiche della TdL?
“Affondano nei movimenti popolari di liberazione che si sono avuti in America Latina nel corso dei secoli, durante il dominio delle potenze europee, specialmente in Brasile.
Si pensi alle rivolte di coloni e degli schiavi per liberarsi dal dominio dei fazendeiros e dei conquistadores e ai movimenti, che contestavano il sistema economico e di produzione del regime coloniale, appoggiati dalla Chiesa e in particolare dai Gesuiti.
Precursore della TdL è il frate domenicano spagnolo Bartolomé de Las Casas (1474-1566) che diventa vescovo di Chiapas e poi rinunciò ritirandosi in un convento.
Una voce profetica che cozza e si scontra con la morale ufficiale del tempo. Strenuo difensore degli indios, è considerato l’ideatore di una nuova antropologia teologica e, secondo alcuni teologici contemporanei, addirittura il fondatore della Tdl.
Si oppone al modello coloniale di evangelizzazione dei conquistadores, che usavano violenza e imponevano il battesimo agli indigeni.
Si ribella a quel sistema e sostiene che l’evangelizzazione deve procedere con le armi della parola e nel rispetto della natura umana, mostrando fiducia nella capacità razionali degli uomini e degli indigeni, visto che alcuni teologi dubitavano che gli indios avessero un’anima.
L’annuncio del Vangelo, per Bartolomé de LasCasas, su cui ho scritto un libro, deve illuminare la coscienza con la luce della fede e favorire la libertà di ogni essere umano.
Arriva persino ad anticipare il diritto di emigrazione con i continui flussi di europei che si dirigono verso il nuovo mondo. Sostiene che la liberazione degli indios è un diritto che ha radici bibliche, perché Dio è Creatore e Padre di tutti.
Nei singoli e nel popolo indio vede il Cristo flagellato, insultato e crocifisso. Si batte per un’evangelizzazione pacifica, perché nel metodo di evangelizzazione dei conquistadores è negato il diritto alla vita e alla libera decisione, senza le quali non ci può essere accoglienza del dono della fede.
Afferma che ‘i nostri (gli spagnoli) non cominciavano con le parole ma dalle torture’. Per lui non ci può essere nessuna giustificazione della guerra agli indios, con il pretesto di farli diventare cristiani, di fronte alla violazione della legge naturale e divina che si fa con il requerimiento: una forma approssimativa di atto giuridico con cui si dichiarava che gli indigeni diventavano automaticamente sudditi del re di Spagna. L’evangelizzazione si fa prima di tutto con la testimonianza e con la dolcezza.
Egli anticipa così la dichiarazione DignitatisHumanae del Concilio Vaticano II, il diritto internazionale, riconoscendo che gli indigeni sono i legittimi proprietari delle terre conquistate dagli spagnoli, e il principio della destinazione universale dei beni”.
Il regista François-Xavier Drouet nel docufilm. L’Évangile de la Revolution sui martiri della TdL, ricorda i milioni di cristiani impegnati in America Latina nelle lotte politiche in nome della loro fede e le centinaia di preti, suore e missionari assassinati per essersi contrapposti ai regimi militari e alle oligarchie.
Tra i martiri della TdL si possono annoverare i sei padri gesuiti dell’Università Centro Americana che furono massacrati dai soldati, insieme a due impiegate, a San Salvador nel 1989.
In Guatemala, nel villaggio Aldea Xesic, i cinque fratelli uccisi perché catechisti, con la falsa accusa di essere dei sovversivi. E tutti i contadini uccisi in Brasile, Argentina e Uganda a causa della giustizia, nonché i poveri coloni del movimento Sem Terra assassinati dai sicari dei fazenderos.
Insomma, il martirio si conferma essere una costante nella storia della Chiesa, le cui testimonianze contro l’oppressione dei poveri sono state innumerevoli. Vuole ricordarne altre?
“Quella di Bartolomé de Las Casas, tenace difensore degli indios, che prende coscienza da una celebrazione eucaristica per denunciare la situazione di oppressione degli indios.
Così pure mons. Oscar Romero, assassinato nel 1980, durante una celebrazione eucaristica con lo spargimento del suo sangue, da un sicario degli squadroni della morte, per le denunce delle violenze inflitte dalla giunta militare.
Per l’arcivescovo cattolico salvadoregno, il popolo povero e martoriato è il corpo vivente di Cristo. E quando afferma che ‘la gloria di Dio è che il povero viva’, intende il ‘povero’ come l’essere umano nella sua complessità.
Talché il gemito del povero in senso largo, può comprendere ogni essere umano in particolare e, ingenerale, la natura, la terra, il creato deturpato e devastato. Accogliere questo gemito significa assumere un impegno verso il creato e verso la società”.
Le uccisioni da lei indicate e le altre sono avvenute, come ha spiegato la Chiesa salvadoregna, perché le diverse idolatrie oppressive, denunciate dalla terza Conferenza generale dell’Episcopato convocata da papa Paolo VI nel 1979 a Puebla, hanno percepito una grande minaccia nella Chiesa a partire da Medellín ed hanno cercato di combatterla in diversi modi, anche con la diffusione e il finanziamento che propugnano una religiosità spiritualista e disimpegnata, con la promozione di un cristianesimo liberale e individualista ed anche con l’attacco diretto e la persecuzione.
Forse è il caso di chiedersi come mai tutto è avvenuto in America Latina, dove la stragrande maggioranza della popolazione è cattolica, ma evidentemente la coerenza della fede si deve raggiungere tanto nel terzo che nel primo mondo”.
Come si diffonde in America Latina e nel mondo la TdL?
“Prima in Argentina, con il teologo JoséMiguezBonino, chescrive sul rapporto tra cristiani e marxisti, poi con la corrente Teologia del popolo, oggi rivisitata nell’insegnamentodi papa Bergoglio, che ha avuto due docenti che hanno inciso sulla sua formazione: il sacerdote italo-argentino Lucio Gera e il gesuita Juan Carlos Scannone, entrambi impegnati nella Commissione Episcopale di pastorale della Conferenza Episcopale argentina fin dal 1966.
La Commissione si proponeva di calare nella pastorale lo spirito innovatore del Vaticano II, ponendo l’accento sul popolo nel suo insieme, come soggetto storico di cultura e di valori.
Dopo la pubblicazione del volume di Gutierrez e il grande interesse della Commissione ad approfondirne i contenuti, nasce laScuola di Buenos Aires, protesa a contestualizzare le istanze della TdL nella realtà argentina.
Scannone e Gera rendono possibile il passaggio dall’attenzione verso il proletariato (che implicava l’impiego delle categorie dell’analisi marxista) all’attenzione verso il popolo, ponendo l’accento alla dimensione storico-sociale della Chiesa popolo di Dio che è espressione visibile della sua dimensione misterica e trascendente.
Il popolo deve essere protagonista nella riflessione teologica, perché è soggetto di cultura e di valori e come soggetto storico mette in pratica l’ecclesiologia del popolo di Dio”.
E fuori dall’America Latina?
“Si diffonde, oltre che in Europa, in Africa e in Asia, grazie anche alle esortazioni apostoliche post-sinodali Ecclesia in Africa e Ecclesia in Asia di Giovanni Paolo II, dove si rimarca l’esigenza di adeguare la riflessione alle complessità del contesto socio-culturale e religioso, seguendo una pista comune per le teologie dei sud del mondo, rompendo con il vecchio patto coloniale e proponendo di pensare la fede a partire dalla situazione di miseria in cui versano questi continenti.
Anche in Asia e Africa nascono le teologie del contesto e le comunità ecclesiali di base. Per quanto riguarda l’Europa, considerando le reazioni positive che si sono avute, possiamo affermare che si è trasformata in teologia universale.
Il teologo Luigi Sartori ha infatti ribadito che ‘una teologia della libertà e della liberazione costituisce un’esigenza del nostro tempo, perché ha suscitato una nuova coscienza per l’edificazione di una società nella fraternità e nella giustizia’.
Hans Urs Von Balthasar arrivò a dire che ‘in America Latina sta sorgendo qualcosa di assolutamente centrale per il Cristianesimo: l’opzione per i poveri. E ciò si sta convertendo in qualcosa di irrinunciabile’.
Per Edward Schillellebeeckx ‘i maestri della teologia dell’Occidente, europei e americani, sono adesso i teologi della liberazione. Apprendiamo molto da loro. Noi siamo più accademici e i teologi della liberazione ci obbligano a pensare partendo dalla vita della comunità cristiana’”.
Le “comunità ecclesiali di base”, nate all'interno della Chiesa cattolica sulla spinta dei missionari e del Concilio Vaticano II, hanno avuto un ruolo importante per dare impulso alla TdL…
“Mosse dall’impegno solidale con gli oppressi, le comunità cristiane hanno fornito un contributo di pensiero e di azione.
Se ne parla, per la prima volta, nella seconda Assemblea (la prima si era celebrata a Rio de Janeiro nel 1954) della Chiesa latino-americana a Medellin (1968).

L’Assemblea si propone di calare nella realtà dell’America Latina gli orientamenti e le direttive pastorali del Concilio Vaticano II e intravede nelle nascenti comunità ecclesiali di base, uno strumento efficace di evangelizzazione e di esperienza dell’ecclesiologia di comunione e di rinnovamento delle strutture pastorali.
A Medellin si prende atto della miseria, dei peccati cristallizzati nelle strutture ingiuste, della violenza istituzionalizzata. Per la prima volta appare anche la parola ‘liberazione’, prendendo atto che ogni tipo di liberazione debba partire da quella integrale che Dio ha portato all’uomo con la salvezza in Cristo Gesù.
Le comunità nascono in netto contrastocon l’esaltazionedell’individualismo della società contemporanea e vogliono essere, sull’esempio della Chiesa degli Atti degli Apostoli, delle cellule vive di fede, con l’impegno di trasmettere agli altri l’ardore dell’amore di Cristo. Fino a diventare il luogo di esperienza sul campo della TdL.
Sorgono dal crescente bisogno di decentrare i servizi delle parrocchie nelle aree vaste dell’America Latina, nelle periferie geografiche ed esistenziali, garantendo le risorse fondamentali della vita ecclesiale.
In breve: sono un nuovo modo di essere, vivere e attuare la Chiesa, in piccoli gruppi in cui si possono vivere più intensamente le relazioni interpersonali e le sperienze di fede. Paolo VI le definisce, nell’ EvangelliiNuntiandi, ‘la speranza per la Chiesa’”.
Quali i fondamenti biblici della TdL?
“Il concetto di liberazione è un concetto biblico. Il verbo ga-al è un termine ebraico di diritto familiare che significa liberare, mentre padah è un altro verbo che appartiene al diritto commerciale e significa ‘consegnare’ attraverso un’equivalente corresponsione.
I sostantivi corrispondenti sono liberazione, riscatto, redenzione che troviamo nella Bibbia.
E indicano come la prima redenzione (la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto), fu una liberazione vittoriosa di Jahwè, senza alcun riscatto agli oppressori del suo popolo.
Dio è il Goel, il vero liberatore del suo popolo, anche con la liberazione gratuita dalla seconda schiavitù babilonese. Il libro dell’Esodo, che parla della liberazione, è il costante riferimento della TdL, a cui si aggiunge anche la tradizione soprattutto patristica.
Nell’Esodo emerge l’amore preferenziale di Dio per i poveri, gli orfani, le vedove, gli stranierei. La costituzione di un popolo in prospettiva dell’alleanza è un popolo di poveri, schiavi, ‘curvati’, provati dalle fatiche e dai pesi, e finalmente ‘liberati’, nei confronti dei quali Dio, a sua volta, si curva, si china e rivela il suo volto misericordioso.
Questo chinarsi di Dio lo stigmatizza molto bene la Scrittura: ‘ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto, e sono sceso a liberarlo’. Il popolo martoriato diventa popolo di Dio con l’alleanza. E Dio che scende a liberare il suo popolo è un Dio solidale e liberatore che entra nella storia dell’uomo.
Questa liberazione realizzata nell’Esodo, è il preludio della liberazione integrale (la salvezza) che avverrà nell’incarnazione- redenzione incui il Figlio di Dio assume la nostra condizione umana in Gesù Cristo e si china sulla nostra miseria e sulle nostre ferite. E ci guarisce e ci salva con il suo sacrificio sulla croce: è Dio che si fa povero per amore dei poveri. Potremmo dire che l’intervento a favore dei poveri è una ragione teologale: è l’agire stesso di Dio che fonda e deve ispirare il comportamento di coloro che fanno parte dell’alleanza.
Dopo l’ingresso nella terra promessa, dovevano essere garantite a tutti la dignità e la libertà. Perciò si fa un tentativo di ripartire, con l’esperienza dell’Esodo, attraverso il giubileo ogni 7 ed ogni 49 anni, che comportava la liberazione della terra e la redistribuzione della proprietà e la liberazione degli schiavi, per insegnare che Dio è il vero liberatore: la terra è un suo dono gratuito destinato a tutti.
Il contenuto del giubileo voluto da Dio nella Bibbia potrebbe essere oggi attualizzato con ‘la remissione del debito estero internazionale dei paesi poveri’ a cui si è appellato anche papa Giovanni Paolo II nel giubileo del 2000 e recentemente papa Francesco nel summit del G20 di Rio (2024) e nella bolla di indizione del giubileo del 2025 Spes non confundit”.
L’attenzione preferenziale ai poveri è un obbligo che si rinviene anche, o soprattutto, nel Nuovo Testamento…
“Senz’altro. La prassi di Gesù storico indica nell’amore preferenziale per i poveri e nella pratica della giustizia l’orizzonte del Regno di Dio.
I poveri sono i destinatari privilegiati del Regno, e Gesù annuncia la ‘buona notizia ai poveri’ e ai piccoli e agli infelici della vita’.
Interviene a favore dei poveri, guarisce, perdona, solleva, restituisce dignità e libertà e invita a condividere tutto e a identificarsi con loro. La fede non può essere dissociata dalle scelte concrete e dall’amore incondizionato dei fratelli e tutti noi saremo giudicati proprio sulla pratica delle opere di misericordia”.
Può soffermarsi sui documenti del Magistero della Chiesa in relazione alla TdL?
“Alcuni documenti del Magistero preparano e anticipano la TdL. Per esempio: l’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI, presentando lo scenario della povertà crescente a livello mondiale e dei meccanismi che la generano, muove una forte denuncia della situazione di quel tempo (1967), sottolineando che nel futuro ci sarà un ‘quarto mondo’ e anticipando la situazione dei decenni successivi che stiamo vivendo con i cosiddetti ‘nuovi poveri’.
In seguito, PaoloVI (Evangelii Nuntiandi del 1975) vede le comunità ecclesiali di base come un segno di speranza per il futuro della Chiesa. A vent’anni dalla Populorum Progressio, la Sollicitudo Rei Socialis rivede la questione sociale alla luce delle nuove realtà e denuncia l’inarrestabile povertà crescente nel mondo.
La Christifideles laici tratta delle innumerevoli sacche di povertà fisica e morale, nel mondo, che preoccupano la Chiesa.
La Centesimus Annus denuncia l’esclusione economica e sociale di milioni di uomini e di donne, che è una negazione della dignità e della fraternità umana. Tutti questi documenti trattano la questione della povertà nell’ottica della TdL.
Ogni impegno per la liberazione suppone che sia stato affrontato questo drammatico paradosso. Il peccato dell'uomo, cioè la sua rottura con Dio, è la ragione radicale delle tragedie che segnano la storia della libertà”.
Ci sono anche documenti che mettono in guardia la TdL dall’evitare confusione con il marxismo e suggeriscono un suo ripensamento.
“Se si riferisce alle due istruzioni della Congregazione per la Dottrina della Fede, bisogna notare che la prima (emanata nel 1984), Libertatis Nuntius, sulla libertà cristiana e la liberazione, ha un tono molto critico, ma non di condanna.

Mette in guardia dai pericoli e dalle strumentalizzazioni della TdL, soprattutto di fronte a tendenze estremiste e non equilibrate, sottolineando che non ci si può allontanare dal significato soteriologico della liberazione. E che la situazione di non libertà nel mondo è dovuta alla condizione peccaminosa dell’umanità dopo il peccato originale.
Se nella TdL l’orizzonte della liberazione soteriologica non è mai venuto meno, il pericolo di essere strumentalizzata dai partiti politici e dai sindacati è stato reale e ha avuto delle conseguenze sulla sua credibilità.
La seconda istruzione (1986), Libertà cristiana e Liberazione,non rigetta la legittimità delle istanze portate avanti dalla TdL, chiede di fare attenzione ai pericoli che si corrono, quando ci si lasci affascinare da ideologie che riescono a manipolare l’uomo e la sua libertà con l’utopia della trasformazione delle strutture.
Resta il fatto che il santo padre Giovanni Paolo II (maggio 1985), in armonia con i due documenti della Congregazione, rivolgendosi ai vescovi brasiliani nella visita ad limina del 9 maggio 1985, ha avuto parole di incoraggiamento: ‘la TdL non solo è opportuna, ma necessaria’. Ribadendo l’affermazione anche nella visita in Brasile (ottobre 1991) in diversi discorsi, specialmente in quello tenuto a San Salvador di Bahia”.
La TdL è stata guardata spesso con sospetto, perché si avvertiva un’eccessiva politicizzazione del Vangelo e soprattutto perché la si riteneva condizionata dal marxismo. È d’accordo?
“Non possiamo tacere il motivo politico per cui la TdL veniva guardata con sospetto. Nel 1969 l’‘Informe Rockfeller’ sulla politica economica estera degli Stati Uniti parlava di un’infiltrazione marxista nella Chiesa e nel 1980, a Santa Fe (New Mexico), quando si ebbe la piattaforma per la successiva elezione di Ronald Reagan, lo stesso organo di informazione riferisce che ‘la TdL è una pericolosa dottrina politica’.
E da allora cominciarono a pullulare le sette fondamentaliste in America Latina”.
E dei condizionamenti marxisti che pensa?
“Per la TdL il rapporto con il marxismo può avere solo un valore strumentale. Marx può essere un compagno di viaggio ma mai guida, perché uno solo è il nostro maestro: Cristo Gesù.
Del marxismo si rigetta il ‘materialismo dialettico’ e le sue tragiche conseguenze. Alcune sue indicazioni metodologiche possono essere utili, per l’analisi del contesto e per comprendere la realtà degli oppressi; penso, per esempio, ai fattori economici, l’attenzione alla lotta di classe, il potere mistificatore delle ideologie, incluse quelle religiose.
Tutti elementi che possono dare una spinta a liberarsi dagli idoli della morte che oggi sono alla radice del peccato sociale.
D’altra parte, il marxismo interroga la fede cristiana: sulla proprietà privata, sull’impegno dell’uomo a costruire un mondo più giusto e solidale, e può spingere a una nuova antropologia.
Resta il fatto che la forza per coltivare la profezia e l’utopia viene dalla speranza cristiana, che è il percorso più efficace per uscire dalla terra di oppressione e camminare verso la terra promessa, auspicando un nuovo ordine economico, politico e culturale.
D’altronde, anche nel Magistero della Chiesa, nelle encicliche sociali, come nella Laborem Exercens, vengono adottati categorie e termini marxisti, ma ciò non ha mai significato condivisione del marxismo in sé”.
C’è chi sostiene che la Chiesa si è liberata troppo facilmente della TdL e che, a partire dagli anni 90, si è arroccata in una rassicurante teologia dell’ordine.
Il che, però, lascia dei dubbi, perché papa Francesco - che si riconosce nella ‘teologia del pueblo’ - l’ha riportata in primo piano, visto che opta per l’attenzione preferenziale per i poveri e muove critiche al capitalismo finanziario (“Questa economia uccide”) e alla globalizzazione che schiaccia la dimensione popolare. Lei che ne pensa?
“Ha dato lei la risposta alla domanda.
La amplio, sottolineando che la TdL, anche nei decenni successivi al 1980 è stata sempre viva, perché i temi messi a fuoco ( ingiustizie sociali, debito estero dei paesi poveri, nuovi volti della povertà, salvaguardia del creato, comunione e sinodalità, opzione per i poveri, corresponsabilità dei laici nella Chiesa, protagonismo dei giovani e delle donne nella Chiesa) sono stati sempre oggetto degli interventi delle Assemblee delle Chiese latino-americane, da Santo Domingo (1991) ad Aparecida (2007) e degli altri documenti del Magistero, specialmente nell’esortazione Querida Amazzonia del 2020”.
Crede sia esatto rinvenire, in particolare nell’enciclica di papa Francesco “Laudato sì - sulla cura della casa comune”, molti contenuti della TdL?
“Certamente si. Non dimentichiamo che proprio nell’America Latina si comincia a parlare di ecoteologia e di peccato ecologico fin dagli anni ‘70 del secolo scorso.
Soprattutto l’accostamento di papa Francesco, fra il grido della terra e il grido dei poveri, è un tema primario della TdL. La povertà è causata dal deterioramento del pianeta, dal mancato accesso di tutti alle risorse che è diventato privilegio di pochi e dall’accaparramento nelle mani di alcuni dei beni della terra destinati a tutti.
La questione dell’acqua come bene comune primario, la perdita della biodiversità, l’inquinamento globale, l’iniquità sociale: sono tutte criticità e sfide anticipate e lanciate dalla TdL”.