Giovedì, 20 Marzo 2025

Venticinque novembre tutto l’anno

Ogni giorno dell’anno è dedicato a qualcosa. Con questo affollamento di celebrazioni, si corre il rischio di svuotare le ricorrenze di significato, non dando il giusto valore a quelle davvero irrinunciabili come la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Quest’anno è diverso. Anche in Calabria la mobilitazione di donne e uomini sull’argomento è stata imponente. Con l’urgenza di dare nuovo slancio alla consapevolezza collettiva sul tema, si sono organizzate iniziative importanti anche sull’onda d’indignazione scaturita dall’omicidio di Giulia, che ha innescato un processo a catena sfociato nella Fondazione a lei dedicata, e, ad esempio, da quello di Aurora la tredicenne gettata dal balcone dal suo persecutore.

A quest’ultima è intitolato il collettivo creato da un folto gruppo di donne del catanzarese che, a partire dal 25 novembre, ha iniziato a mobilitarsi facendo sventolare il lungo striscione con tutti i nomi delle donne assassinate dall’alto del Monumento del Cavatore di Catanzaro, e continuando le attività di sensibilizzazione con incontri, monitoraggi e azioni mirate. Mentre a Soverato la “Biblioteca delle donne” portava al teatro comunale “Musica contro la violenza di genere” devolvendo gli ingressi all’Associazione Antiviolenza “Attivamente coinvolte”, nel quartiere Santa Maria di Catanzaro si organizzava una fiaccolata, a Sersale un raduno, a Cosenza Confagricoltura promuoveva le clementine a sostegno dei centri antiviolenza, a Reggio Calabria Lega Navale offriva “Una cima rossa contro la violenza sulle donne”, un incontro con chi si impegna attivamente nel dare sostegno a chi ha subito violenza, ma offre aiuto psicologico anche ai maschi che la compiono.

All’Accademia di belle Arti di Reggio, dove insegno antropologia, abbiamo organizzato una due giorni di eventi, un video dal titolo “Countdown” che vuole azzerare il numero delle vittime, letture, azioni teatrali, video, filmati, musica, con la partecipazione attiva di studentesse e studenti. E’ stato rivisitato dalle ragazze il testo di Luise Alcott diventato “Piccole donne cambiano”, il monologo di Paola Cortrellesi su maschile e femminile è passato dalla bocca dei maschi della Scuola di Cinema, sullo schermo un uomo siciliano degli anni Settanta ha commentato il nuovo codice di famiglia con “può cambiare la legge, ma non può cambiare il mio cervello”, mentre le ragazze che hanno interpretato la Barbie cinematografica hanno impugnato le bambole come martelli per demolire i modelli che esse hanno voluto ispirare.

Gli eventi in Accademia sono terminati il 26 con qualcosa che potremmo definire un corteo, un’azione teatrale, un rito, un funerale, un riscatto, un inno alla vita, una marcia: “La marche des victimes”, oppure “Sanguinare verso il mare” i titoli proposti e li teniamo entrambi. Circa duecento persone hanno sfilato lungo il mare tenendo sulla testa una striscia di stoffa rossa lunga oltre venti metri, a simboleggiare la scia di sangue delle donne uccise. Ogni persona presente portava appuntato il nome di una delle vittime che veniva pronunciato ad alta voce e salutato con un corale “presente”. Bello vedere quei nomi scritti a pennarello rosso camminare su tante gambe. Ci accompagnavano anche donne più grandi, quelle a cui il padre impediva di studiare, quelle che sono state legate, quelle che hanno dovuto obbedire a regole scritte da altri, quelle che vedendo passare tanta energia sorridevano incredule come di fronte alla Fata Morgana.

All’Arena dello Stretto, il corteo ha incontrato le potenti immagini della fotografa Letizia Battaglia che, attraverso il suo lavoro e la sua esperienza di vita, ha sempre denunciato con forza ogni tipo di prevaricazione e violenza contro le donne. Infine, una ragazza vestita di rosso che apriva il corteo, ha portato il tessuto rosso fino alla statua di Athena Combattente, consegnando alla dea e al mare il dolore di tutte le donne vessate.

Il 28 novembre, poi, proprio per sottolineare la necessità di occuparsi dell’argomento durante tutto l’anno, si è tenuto nella Sala ‘F. Monteleone’ del Palazzo del Consiglio Regionale di Reggio Calabria, il convegno ‘Conoscere per Riconoscere, educare per prevenire’, promosso dalla Commissione Regionale Pari Opportunità. Per l’occasione, la moderatrice Daniela De Blasio, coordinatrice del gruppo Contrasto alla Violenza di Genere della Commissione Regionale Pari Opportunità, ha saputo valorizzare l’autorevolezza di donne che operano in questo ambito, davvero molto abili nel catturare l’attenzione di studentesse e studenti che gremivano la sala.

Un evento perfettamente in linea con quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio Regionale Filippo Mancuso sulla violenza contro le donne: “La Calabria è determinata a fare la sua parte fino in fondo, ma dobbiamo esigere un impegno deciso da parte di chi ha il potere di fare cambiamenti significativi. Dalle scuole alle istituzioni e alle autorità preposte a occuparsi delle violenze alle donne, ci si aspetta un impegno straordinario sul piano della prevenzione. Occorre senz’altro individuare i responsabili dei reati e assicurarli alla giustizia, ma bisogna intervenire prima che le violenze si verifichino e, soprattutto, intervenire, specie quando le donne denunciano, prima che le tragedie si consumino.”

E infatti l’incontro ha posto l’attenzione sul ruolo fondamentale dell’educazione e della prevenzione come strumenti chiave per il contrasto a questo inaccettabile crimine. Dopo i saluti istituzionali del Consigliere Regionale Domenico Giannetta, la Commissaria Regionale Pari Opportunità e coordinatrice del gruppo Politiche Sociali Angela Campolo ha sottolineato l’importanza dell’educazione per prevenire l’insorgere di rapporti malati basati sulla mascolinità tossica, sulla sopraffazione e il controllo; la sociologa Nunzia Saladino ha condiviso la sua esperienza professionale, maturata anche in difficili contesti internazionali, indicando la necessità di sconfiggere la dipendenza economica subita dalle donne, spesso scoraggiate a denunciare i soprusi per via di un sistema legislativo dal quale non si sentono tutelate.

Francesco Praticò, Dirigente Scolastico del Liceo delle Scienze Umane “T. Gulli”, ha proposto che proprio a partire dall’incontro del 28, vengano attivate azioni quotidiane sul tema, attraverso un vero e proprio “piano pilota”. Caterina Catalano, magistrata dei processi in codice rosso, avverte che il diritto penale non è la soluzione al problema. “Inasprimento delle pene, ergastolo, punizioni di reati che echeggiano la vendetta non risolvono – ha affermato - in quanto la violenza di genere è una questione culturale, specchio di un malessere maturato in contesti familiari e scolastici fortemente competitivi, inadeguati, che non educano alla sessualità e all’affettività, che non aiutano a superare difficoltà e fallimenti.”

Si previene dunque con strumenti culturali, formando cittadine e cittadini consapevoli e indipendenti, ma anche assicurando sostegno nel momento di bisogno, come sottolineato Francesca Mallamaci, assistente sociale e coordinatrice del Centro Antiviolenza e Casa Rifugio “A. Morabito” della SCU - Piccola Opera Papa Giovanni Onlus. “Dalla denuncia, al racconto delle violenze si passa ad azioni concrete, ad opportunità che creino indipendenza economica, appoggio logistico, con le case che la Regione Calabria mette a disposizione delle donne abusate.” Un protocollo quello regionale, unico nel suo genere in Italia, che prevede l’assegnazione di 15 alloggi (tre per provincia) di edilizia pubblica destinati a donne vittime di violenza e ai loro figli, prevedendo la loro collocazione e il recupero di una quotidianità lontana dagli abusi.

Di azioni concrete ha parlato anche Maria Grazia Milli, Primo Dirigente della Polizia di Stato e Capo di Gabinetto della Questura di Reggio Calabria. Dopo aver mostrato un efficace video sullo stalking, fenomeno in crescita tra i giovani, ha esordito sottolineando quanto proprio la divisa che indossa rappresenti l’affermazione femminile in ambiti dai quali le donne erano escluse. “Violenza e sopraffazione sono sintomi di stupidità, debolezza e vigliaccheria –ha continuato la Dirigente – con l’attitudine femminile alla conservazione del rapporto, potrebbero non essere immediatamente riconosciuti come comportamenti pericolosi, ma è soprattutto la dipendenza economica a demotivare chi denuncia.”

Proprio per permettere alle donne di potersi allontanare da situazioni malsane, esiste un’efficace rete di affidamento con protocolli specifici, nei quali persone specializzate, affiancano la donna in questo percorso di liberazione. Il protocollo EVA, che raccoglie i dati di chi ha subito violenza e il protocollo ZEUS che mette insieme dati sul profilo psicologico di chi abusa. Con l’autorevolezza della sua divisa, ha infine invitato tutti i presenti a superare il sentimento della vergogna, che spesso accompagna queste situazioni di disagio, per denunciare con fiducia al primo sintomo sospetto, che potrebbe degenerare.

Per chiudere, ho avuto la parola e lo schermo, per un piccolo racconto antropologico. Ho ripercorso modelli e stereotipi che i movimenti femminili degli anni Settanta volevano abbattere. In quegli anni nel libro “Dalla parte delle bambine” di Elena Gianini Belotti si analizzava proprio la arbitraria ripartizione dei ruoli che si esprimeva, e in parte si esprime, nei giocattoli e nelle favole: ai maschi armi, caschi spaziali e meccano, alle femmine cucinetta, bambola e mini-aspirapolvere. Nella fiaba, dove il maschio è principe risolutore, eroe, o pirata, le figure femminili “appartengono a due categorie fondamentali le buone e inette e le malvagie. […] Non esiste, per quanta cura si ponga nel cercarla, una figura femminile intelligente, coraggiosa, attiva, leale”.

Le bambine potevano dunque aspirare ad essere Biancaneve, credulona regina del focolare domestico in attesa di un salvatore, oppure Grimilde, strega in preda ai furori della menopausa. Il prezioso campionario di donne presenti nella Sala del Consiglio Regionale dimostra ampiamente il contrario. Ora sappiamo che possiamo essere prefette, dirigenti, magistrate, presidenti, astronaute, registe, architette, in attesa che anche la Bella Addormentata stupisca il principe con un suo messaggio sulla bara vuota: “mi sono già svegliata da sola”.