E’ l’unica donna al mondo a nutrire gli squali martello e squali tigre (sharkfeedering).
Dice: “Non smetteremo di esplorare, e alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta”’. Roberta Larosa, 30 anni, lasciando Rosarno, dentro la valigia ci ha messo sogni, speranze e la passione infinita per il mare. Ha girato il mondo fino ad arrivare ad Alice Town, Bahamas, dove ha scoperto un mondo fantastico, per certi versi inesplorato: quello degli squali.
Gli studi a Pisa, qualche esperienza al CNR di Messina e Mazara del Vallo e poi via, all’ inseguimento di un sogno, irrealizzabile nella sua Calabria, ma non in una terra d’oltreoceano. Roberta, biologa marina, ambientalista per filosofia di vita piuttosto che per costrutto professionale, sviluppa un amore incondizionato per gli squali, attraverso le immersioni subacquee, che la porterà ad essere l’unica persona al mondo ad alimentare gli squali martello (sharkfeedering). Ma guai a dirlo. Lei ci tiene ad avere un basso profilo, quasi fosse un punto di forza. Ma di fatto, gli squali martello e gli squali tigre, a differenza di altre specie presenti nell’oceano hanno dimensioni superiori ai 4 metri e rappresentano una specie protetta per lo Stato delle Bahamas. Insomma, non poca cosa per una ragazza calabrese che non ha mai accettato compromessi a ribasso pur di costruire il proprio futuro sui pilastri della sua passione: mare e natura.
Da Rosarno alle Bahamas, ne ha fatta di strada? Qual è stato il suo percorso di vita e soprattutto professionale?
“Il mare di Calabria, il profumo della natura incontaminata e l’amore per le bellezze che ci circondano, hanno condizionato i miei studi. Lo hanno fatto positivamente. Ho scelto di studiare a Pisa, tenendo stretto dentro di me il desiderio di lavorare in Calabria, nella mia terra e nel mio mare. Ma dopo qualche esperienza non troppo gratificante e la consapevolezza che il mio lavoro, e soprattutto la mia passione, in questo contesto non mi avrebbero permesso di realizzare il futuro che volevo, ho deciso di inseguire i miei sogni fuori dall’Italia. Così sono arrivata in Egitto, spostandomi in pochi mesi in Messico, California, Indonesia, dove ho fatto uno stage sull’identificazione dei coralli duri e sulla protezione dei reef. A Palau ho collaborato con un centro di ricerca che stava sviluppando uno studio sui laghi marini. Poi nello Sri Lanka e alle Maldive - per approfondire uno studio sulle tartarughe marine - fino ad arrivare ad Alice Town, per lavorare per un centro di immersioni che si chiama Neal Watson’s Bimini Scuba, che collabora con il Bimini Biological Field Foundation – un centro di ricerca che studia e tagga tutte le specie di squali presenti nell’oceano (toro, martello, tigre, lemon e nutrice).”
Da dove nasce la sua passione per gli squali e come sviluppa il suo interesse per lo Sharkfeedering? Provi a spiegarlo…
“Il mio mondo è il mare. Anzi, penso sia una parte di me. Le immersioni e la ‘realtà subacquea’ dettano l’agenda del mio lavoro e, a questo punto, della mia vita. Viaggiando ho imparato ad esplorare, ed esplorando vivo me stessa. In questo percorso fantastico ho avuto modo di conoscere gli squali. Studiando e facendo ricerca su una specie che lo Stato delle Bahamas riconosce come protetta, ho percepito un livello di interazione elevatissimo. Stando a contatto con loro, e quindi alimentandoli, riesco ad instaurare un rapporto. Riesco a distinguerli e riconoscerli. La mia ricerca mi spinge ad immergermi con loro. Studiamo dunque, attraverso dei Tag, i loro movimenti, le loro abitudini e i loro comportamenti.”
Ma è pericoloso. Lei non ha paura?
“Sinceramente ho avuto paura all’inizio. La prima volta che ho praticato sharkfeedering avevo tanta adrenalina in corpo. Anche perché qualche giorno prima del mio primo approccio, a Coco Island, avevo sentito di un attacco di uno squalo. Inizialmente ero timorosa perché gli squali mangiano tutto, e perché gli squali martello, sui quali effettuo il mio lavoro, sono abbastanza grandi da far paura. Ma dopo i primi contatti, è stato amore a prima vista. Riesco a capire il loro carattere, percepisco il loro umore da come nuotano. Certamente è un’interazione pericolosa ma bellissima e ricca d’empatia. Vivendoli, divento dipendente da loro. Gli squali vanno protetti e non temuti!”
Cosa manca della Calabria ad una ragazza che non ha avuto il tempo di diventare adulta nella sua terra? Famiglia, affetti, amore…Come possono conciliarsi a migliaia di km di distanza?
“Mi manca il mare. Mi manca la famiglia e gli affetti più cari. Certamente. Ma soprattutto mi manca la sensazione di sentirmi a casa. Mi manca tutto ciò che mi fa respirare aria di casa. A 18 anni ho lasciato la Calabria con la speranza di tornarci per restare. E in questo frangente spazio - temporale in modo quasi fisiologico i rapporti di una vita iniziano a scemare. Perché pochi contatti e sempre meno frequenti assottigliano il numero degli amici con cui riesco a sentirmi. L’amore? Off limits! Ogni sei mesi cambio casa, spostandomi frequentemente per il lavoro che faccio. Per me è quasi impossibile vivere pienamente i rapporti, se non con qualcuno che condivide le mie passioni, il mio lavoro e i miei frequenti spostamenti.”
Oltre il lavoro, progetti futuri? Ritornerà in Calabria o il suo impegno professionale le impone lidi diversi dalla sua terra d’origine?
“Sinceramente spero di poter tornare in Italia. E se fosse possibile vorrei tornare a lavorare in Calabria. Perché è lì che vorrei vivere e coltivare la mia passione, valorizzando il mio lavoro e i miei studi. Non le nascondo che ho provato lo scorso anno, a sviluppare un progetto in Calabria con delle scuole. Ma tutto è naufragato velocemente. Anche se sono un tipo che si abbatte facilmente, lo ammetto, comunque cercherò di tornare, ma non dipende solo da me. Parliamo purtroppo, di una terra che investe quasi nulla in ricerca. ”
La sua, è una delle tante storie di eccellenze calabresi che costruiscono il proprio futuro lontano dalla Calabria. La sua è stata una scelta obbligata? Cosa si sente di dire ai giovani calabresi costretti ad inseguire i propri sogni lontano dalla nostra regione?
“Ad un certo punto si. La mia è stata una scelta obbligata. Con forza ho voluto seguire la mia strada, e quando ho capito che in Calabria, e forse in Italia, non sarei stata valorizzata, ho deciso di andar via. Con rammarico e tanta delusione. Non ho accettato nulla che potesse svilire i miei sforzi, i miei studi …il mio essere. Ciò nonostante non suggerirei mai a nessuno di lasciare la nostra Calabria. Anzi, pur consapevole che è più difficile restare piuttosto che partire, vorrei essere, nel mio piccolo, da stimolo per tutti coloro avessero una passione, un’idea, e volessero farla maturare in Calabria, in una delle regioni naturalisticamente più belle del mondo. Facendo mie le parole di Thomas Eliot, ai giovani calabresi dico: ‘Non smetteremo di esplorare, e alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta’. Amate il nostro mare, amate l’ambiente che ci circonda; difendendoli e valorizzandoli. Senza compromessi e senza rinunciare ai vostri sogni."