Centosessant’anni dopo l’Unità d’Italia, ancora c’interroghiamo, soprattutto al Sud, se si possa ritenere compiuta l’unificazione del Belpaese di Dante, Leonardo, Michelangelo, del Rinascimento e delle terre meridionali eredi del mondo classico, la Magna Grecia.
Le tumultuose narrazioni sul tema, ma più di tutto gli indicatori statistici, dicono che, dopo un secolo e mezzo, la diversità di sviluppo Nord Sud è rimasta invariata e il riscatto civile del Meridione non si può dire raggiunto, mentre l’articolo 3 della Costituzione che impone la rimozione degli ostacoli dell’uguaglianza dei cittadini, senza distinzioni di sesso, lingua, religione, condizioni sociali e personali, è rimasto inapplicato. Quando avverrà, se avverrà, l’unificazione definitiva, con l’eliminazione delle disuguaglianze Nord Sud? E’ una domanda a cui è difficile rispondere, dato che finora l’unificazione, non solo civile ed economica, ma anche culturale è sempre più lontana dal suo compimento. Il tempo, per risolvere l’antica questione meridionale, parrebbe, però, adesso, col Governo Draghi, essere finalmente arrivato.
L’occasione del Pnrr (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza) è unica e irrepetibile. La questione meridionale, trascurata, ignorata, malvista, mal sopportata farà ora il suo tagliando: l’ultimo. Ora o mai più. O si avvia, almeno in parte a soluzione o passerà alla storia definitivamente come questione irrisolvibile. Se ha un senso, il riferimento fatto dal presidente Draghi allo spirito del dopoguerra, è giusto attendersi al presente, per il Sud, lo stesso impegno che ebbero i governi dell’Italia repubblicana nel dopoguerra, almeno fino alla fine degli anni Sessanta. Allora, la questione meridionale, fu al centro delle preoccupazioni dello Stato centrale per accorciare il Grande Divario tra Nord e Sud. Un richiamo storico, ma anche un’indicazione di esempio di quell’epoca straordinaria del dopoguerra, c’è nel documento che la Svimez ha inviato al presidente del Consiglio per rammentargli che è questo il momento per colmare l’abisso tra Nord e Sud.
Tra i firmatari del documento figurano Vincenzo Scotti, ex ministro e leader democristiano, e Sergio Zoppi, storico, meridionalista, già presidente del Formez e sottosegretario col Governo Prodi. Scotti e Zoppi, al tema delle disuguaglianze Nord Sud hanno dedicato un libro dal titolo “Governare l’Italia, da Cavour a De Gasperi, a Conte” (Eurilink, pagine, 330, euro 22), con l’intento di offrire spunti per l’oggi. Partendo dal processo che portò all’Unità d’Italia, rivisitato con l’aiuto di documenti e fonti storiche hanno messo a fuoco la ricostruzione e la rinascita del Paese nel secondo dopoguerra, concentrando l’analisi e la riflessione sulle politiche perseguite negli anni Cinquanta, che produssero risultati straordinari grazie anche all’innovativa idea di costituire la Cassa per il Mezzogiorno. In quegli anni governi e classe dirigente nazionale, furono chiamati a scegliere su come utilizzare gli aiuti americani e contestualmente affrontare la questione meridionale, nata con l’Unità.
C’è una figura centrale nel racconto di Scotti e Zoppi: quella di Giulio Pastore, sindacalista, fondatore della Cisl e ministro, chiamato dal Governo guidato da Amintore Fanfani nel 1958 a presiedere il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno.
Fu con Pastore, che si avviò l’attività positiva che portò il Mezzogiorno a risultati mai raggiunti prima; un trend che durò fino a quando, con l’istituzione delle Regioni nel 1970, scomponendosi la strategia governativa unitaria, seguì la sparizione, da tutte le agende, della storica “questione”. La proposta di Scotti e Zoppi è di ripartire da lì, dal dopoguerra, dal progetto di ricostruzione e di sviluppo del Paese tutto che non si è riusciti a raggiungere per tutti, dopo i primi positivi risultati. Ripartire a lavorare, richiamando lo spirito delle politiche del dopoguerra, che sono ancora attuali, e inserirle in un disegno unitario di crescita dell’Italia, che faccia del Mezzogiorno la leva per l’Europa mediterranea, è il suggerimento. Il libro nasce dal dialogo tra gli autori che, seppure in diversi ruoli di responsabilità, furono giovani protagonisti della via meridionalistica allo sviluppo del Paese, nella stagione in cui la classe dirigente della ricostruzione fu chiamata a scegliere e scelse, senza trascuratezze, badando, con esempi virtuosi, a colmare il ritardo storico dell’industria italiana e allo stesso tempo ad avviare a soluzione la questione meridionale.