Conciliare nuovi modelli di fare impresa con una visione di sviluppo sostenibile, usando come collante l’amore per la propria terra e le antiche tradizioni.
Si può racchiudere in questo concetto il cuore del lavoro di tre giovani calabresi: Domenico Vivino, laureato in Scienze politiche e in sociologia con lode a Napoli, Giovanna Bagnato diploma presso l’istituto d’Arte di Squillace e Miriam Pugliese, appassionata per le lingue straniere, specializzata nel settore turistico e delle corrispondenze estere, dopo aver girato per l’Europa e l’Italia, nel 2014 decidono di ritrovandosi a San Floro, piccolo centro in provincia di Catanzaro, e dare vita alla cooperativa Nido di Seta, riprendendo l’antica filiera della gelsibachicoltura.
È un legame forte quello che lega la seta alla Calabria e in modo particolare a Catanzaro, fino all’Ottocento uno dei maggiori poli di produzione, tracciando una vera e propria “via della seta calabrese”. Tutto indicato in documenti conservati all’Archivio di Stato di Catanzaro: “Dopo quel periodo l’allevamento del baco da seta è rimasto nella civiltà contadina come attività di sussistenza per crearsi i propri corredi fino all’epoca dei nostri nonni” spiegano i tre fondatori. Ed proprio dalla conoscenza serica degli anziani che Domenico, Giovanna e Miriam formano le basi del loro lavoro, poi approfondite in Thailandia, India e Messico.
Oggi, Nido di Seta, contribuisce in modo attivo all’economia locale. Rinomate sono le loro produzioni alimentari come la mora di gelso (varietà Kokusò), venduta come prodotto fresco o trasformata in deliziose confetture extra, oppure il liquore “Moretto”, di grande pregio in quanto la specie di more con cui viene preparato è annoverata nella categoria dei frutti perduti come il Morus Nigra.
Senza poi contare le produzioni tessili che garantiscono unicità e qualità, rispettando il concetto di sostenibilità ambientale. Le colorazioni di scialli, coperte, tovaglie e runner vengono effettuate esclusivamente con prodotti naturali come ad esempio il papavero, la mora di gelso, la cipolla di Tropea, i fiori di ginestra il mallo di noce. Ma anche gioielli rigorosamente eseguito a mano: dall’allevamento dei bachi da seta alla trattura del filo di luce, dalla sua torcitura alla sua tintura con prodotti naturali.
Il tutto va ad inserirsi in percorsi turistici che uniscono artigianato, cultura e arte. Un vero e proprio circuito virtuoso che oggi anno attrae migliaia di persone proveniente dall’Italia e dall’estero, come testimoniano i partenariati europei stretti con l’associazione Soierie vivante di Lione, in Francia, e con il consorzio Swiss Silk di Hinterkappelen, in Svizzera.
Ritornare in Calabria è stata per voi una sfida importante. Perché avete scelto proprio il baco da seta?
“San Floro storicamente era famoso per l'allevamento del baco da seta (dal 1400), questa tradizione ha avuto periodi di grande splendore perdendosi poi nell'ultimo secolo. Qui era presente un gelseto di 3500 piante di proprietà comunale che era in completo stato di abbandono. Noi abbiamo fatto un progetto di riqualificazione dell'area che abbiamo presentato al comune chiedendo di prendere in gestione il gelseto abbandonato con l'intento di far risorgere l'arte serica nel nostro borgo. L'allevamento del baco è la nostra attività principale da maggio a settembre, vengono allevati ciclicamente e alla fine del loro ciclo vitale ci regalano il bozzolo di seta che è la materia prima di tutti i nostri manufatti. Dietro alla lavorazione serica ci sono diversi artigiani, abbiamo creato una filiera della seta 100% made in Calabria e di cui il 95% è femminile. Creiamo diversi tipi di filato e diversi tipi di prodotti che vengono tinti esclusivamente con pigmenti naturali e tessuti su antichi telai. I prodotti finiti sono sciarpe, foulard, cravatte, gioielli, stoffe per atelier esclusivi. Il gelseto è il cuore del nostro lavoro, le foglie servono per allevare il baco mentre il frutto viene trasformato per dar vita a confetture, tisane e liquori certificati bio”.
Come ha risposto il mercato alla vostra iniziativa?
“La nostra attività pre-pandemia si basava sul turismo esperienziale. I visitatori qui si immergono a 360° nel mondo della seta vivendo un'esperienza unica, comprano i nostri prodotti e spesso si fermano anche a pranzo nel nostro punto ristoro agricolo. Dopodiché si fidelizzano e parlano di noi alle persone a loro vicine. Noi abbiamo tre settori, agricoltura (per l'allevamento del baco e la produzione di more di gelso e prodotti agricoli), l'artigianato con la produzione serica e poi appunto il turismo. Nel 2019 abbiamo accolto oltre 6500 persone provenienti da tutto il mondo. La nostra attività ha un forte riscontro all'estero, il 70% della vendita dei nostri manufatti avviene lì”.
Quando nasce l’idea della vostra Academy e che riscontro avete avuto nel corso degli anni?
“L'Academy è nata nel 2019, qui è possibile seguire dei corsi mirati, dalla gelsicoltura alla lavorazione serica artigianale, ai diversi metodi di tintura naturale e tessitura artigianale. I nostri corsi durano un week end e sono divisi per temi. Nel suo primo anno di vita abbiamo avuto un ottimo riscontro abbiamo avuto partecipanti provenienti da Finlandia, Argentina, Inghilterra, Spagna e Slovenia oltre che persone da diverse parti di Italia”.
Come funziona l'iniziativa “Adotta un gelso”?
“Adotta un gelso è la campagna promossa da Nido di Seta sulla scia di un approccio sempre più diffuso tra le piccole realtà agricole che vogliono stringere un rapporto diretto, trasparente e genuino con il consumatore, per instaurare un legame – non solo commerciale – da cui tutti traggono vantaggio. Il meccanismo è semplicissimo: chiunque lo voglia, da ogni parte del mondo, può adottare uno degli alberi del gelseto di San Floro, ottenendo in cambio i prodotti della cooperativa che preferisce, che si tratti di agri fashion (filati e tessuti in seta) o bontà gastronomiche. L'adozione è annuale e rinnovabile, garantisce un certificato di adozione (si può scegliere anche di regalarlo), notizie costanti sullo stato di salute dell'albero, la possibilità di vedere da vicino il gelso adottato, quando sarà possibile visitare l'azienda. E, ovviamente, l’invio dei prodotti richiesti – spese di spedizione incluse – secondo la quota destinata all’adozione: i prodotti spaziano dalle confetture, tisane e saponi a sciarpe e foulard in purissima seta tinta con estratti naturali e tessuta sui nostri antichi telai. L'adozione sosterrà tutta la filiera dei piccoli artigiani del territorio che si è messa in moto a partire dalla coltivazione del gelseto, oggi al centro di un circuito virtuoso di economia sostenibile”.
Quanto conta per voi la terra e la tradizione?
“Le nostre parole chiave sono tutela dell’ambiente e del paesaggio, crescita del territorio e sviluppo sostenibile. Intendiamo ripartire dalla terra, la nostra, sfruttando le risorse che quest’ultima ci offre. Tutto il processo di lavorazione del filato serico è prettamente artigianale seguendo gli antichi metodi, l’innovazione è nelle varie tecniche di tintura naturale, i prodotti che vengono creati è il nostro rapporto con il mercato diversificando molto la nostra offerta. La seta è il prodotto agricolo più prezioso che ci sia ed intorno a questo abbiamo orchestrato agricoltura, artigianato formazione e turismo”.
Qual è stata la risposta del territorio al vostro lavoro?
“All'inizio c'era molta incredulità e diffidenza per il nostro progetto poiché è lontano dalle prospettive di lavoro locali. Ma la visibilità multimediale, le migliaia di persone accorse e l'impatto che queste hanno avuto a livello economico sul territorio hanno sradicato qualsiasi titubanza. Oggi il territorio ci sostiene”.
Uno dei problemi principali per le aziende del Sud è la difficile relazione con le istituzioni. Dal punto di vista imprenditoriale quali sono state le difficoltà ma anche i riscontri positivi che avete avuto?
“Ancora oggi lavoriamo senza l'allaccio della corrente elettrica che dopo quasi 5 anni dalla richiesta ancora non è arrivato, abbiamo dovuto creare un sistema di pannelli fotovoltaici autonomi. Non c'era l'acqua potabile e abbiamo dovuto fare tutti gli allacci. Mancava qualsiasi cosa e per affrontare tutte le situazione ci vuole una forte attitudine di problem solving, creatività e tanta ma tanta passione. Credere e amare ciò che si fa è l'ingrediente fondamentale. Nonostante gli innumerevoli sacrifici e le interminabili giornate lavorative i risultati non si sono fatti attendere: tanti premi a livello nazionale vinti, tante le tv provenienti dal tutto il mondo a visitare la nostra realtà e tante le persone che ci sono venute a trovare”.
Come avere reagito alle difficoltà dovute ai numerosi blocchi causati dal Covid?
“La pandemia ha messo in ginocchio il terzo settore e anche noi non siamo stati risparmiati così abbiamo pensato che se le persone non possono venire da noi possiamo andare noi da loro creando dei kit che dessero l'opportunità a chiunque ne avesse voglia di prendere parte al nostro processo produttivo vivendo sia l'esperienza di allevamento del baco che di filatura della seta, rimanendo comodamente a casa propria. Quest'ultimo, il PeaceSilkit, è il primo kit al mondo che offre la possibilità agli utenti finali di produrre la propria seta, la seta non violenta, la quale implica un processo di lavorazione che non prevede l'essiccazione della crisalide all'interno del bozzolo, come avviene per la seta convenzionale, ma rispetta il naturale ciclo di vita delle falene. Anche JurassikBac (kit per allevare il baco da seta) nasce seguendo lo stesso percorso concettuale. Grazie a questo kit è possibile vivere in prima persona l'esperienza di allevamento del baco da seta fino alla nascita delle falene e alle deposizione delle uova. Nel periodo di lockdown tantissimi ragazzi e ragazze, ma anche adulti, hanno provato l'emozione di allevare i bachi da seta nella propria casa. Come anticipato prima abbiamo nel periodo natalizio abbiamo lanciato la campagna #adottaungelso, tramite l'adozione di un albero di gelso puoi riceverne a casa i prodotti sia quelli agroalimentari che in seta. Chiunque può adottare un gelso e può tranquillamente regalare l'adozione. Il feedback è stato positivo, oggi contiamo più di 150 alberi adottati ma il nostro obiettivo è arrivare a 500 quindi non vediamo l'ora di vedere i vostri nomi appesi sui nostri alberi”