Ebrei di tutto mondo leggono e studiano ogni giorno il Commentario al Pentateuco di Rashi, per la religione ebraica un testo di assoluto riferimento per il suo fine contenuto e per l'indiscusso spessore del suo autore.
L’opera del rabbino ed esegeta francese di origini ebraiche Rashi (acronimo di Rabbi Salomon ben Isaac, nome italianizzato Rabbi Salomone Jarco, nome latinizzato Rabbi Šelomoh ben Yişhah), il più grande commentatore medievale di Torah e Talmud, vissuto tra il febbraio del 1040 e il luglio del 1105 in Francia, fu dato ai caratteri nella Giudecca di Reggio Calabria nel febbraio del 1475, dal tipografo Avraham Ben Garton Ben Yishaq. Il Commentario al Pentateuco di Rashi stampato da Avraham Ben Garton Ben Yishaq nella Giudecca Reggina fu il libro ebraico con data certa più antico del mondo, quindi il primo libro ebraico di cui si conosca la data di stampa.
Una pagina prestigiosa che testimonia la vitalità culturale della Reggio antica, evidentemente importante centro di scambi, fucina in cui dare alle stampe un libro ancora, a distanza di oltre cinque secoli, tenuto dalla comunità ebraica in grande considerazione. Per la sua posizione geografica di sponda dello Stretto, Reggio fu porta di ingresso dei primi Ebrei che attraversavano il Continente nel 200 A.C. e fu luogo in cui la comunità ebraica visse in pace e prosperità. Un’integrazione fruttuosa che fu alla base di intensi scambi e diede impulso alle attività economiche, conferendo una forte dimensione internazionale del commercio di vino kosher e di seta, fonte di grande sviluppo per la comunità del tempo. Un contatto tra culture che generò progresso e benessere nella Reggio.
In tale contesto di grande fermento, pionieri furono gli ebrei della Giudecca di Reggio Calabria sul versante culturale, precedendo la nota stamperia di Soncino, in provincia di Cremona, e la scuola veneziana di Daniel Bomberg, Marco Antonio Giustiniani e Alvise Bragadin. Tra gli ambiti prediletti vi fu infatti quello tipografico. L’Italia del XV - XVI secolo divenne così centro mondiale di stampa Ebraica, come c’era da aspettarsi per il Paese che ospitava uno degli insediamenti ebraici più importanti dopo la Diaspora. Dunque la Giudecca di Reggio Calabria fu talmente autorevole da essere luogo in cui praticare con sapienza e saggezza la stampa con caratteri mobili mentre tale tecnica scriveva i suoi esordi in Germania. Solo due decenni prima era stata consegnata al mondo la Bibbia di Gutenberg, dal 2001 presente nel prestigioso elenco della Memoria del mondo dell'Unesco.
Aschenez e i Reggini
E' solo Reggio, in Italia, a vantare una discendenza ebraica e a rivendicare quale suo fondatore Aschenez, identificato con Askenaz, figlio di Gomer e pronipote di Noe. Giovanni Flavio e San Girolamo parlarono dei Reggini così chiamati dai Greci qualificandoli diretti discendenti di Aschenez, quindi Aschenazi; ma si trattava dei reggini di Reggio vicino a Costantinopoli (una delle porte principali della grande città d'Oriente si chiamava proprio porta di Reggio). Il testo di San Girolamo è particolarmente chiaro sul punto e il travisamento che nel tempo è stato “tollerato” ed accolto ha sempre attestato un evidente e reciproco apprezzamento tra la nostra Reggio e la comunità ebraica. Basti ricordare che nella Reggio dominata dai Normanni nell'XI secolo, il sistema era trilingue: greco, arabo ed ebraico. Una leggenda nobilitante che, contrariamente alla dirimpettaia Messina, Reggio non ha dimenticato, consacrandone la memoria anche nella toponomastica attraverso il conferimento della denominazione Aschenez ad una delle vie principali della Città.
Il commentario di Rashi, la storia tra le storie
Il prezioso incunabulo ebraico, scoperto da Giovanni Bernardo De Rossi (Sale Castelnuovo, Torino 1742 - Parma 1831), presbitero, orientalista, ebraista e bibliografo piemontese, studioso della letteratura giudaica medievale, curatore di una significativa collezione di scritti ebraici conservata nella Biblioteca Palatina di Parma (fondo di Giovanni Battista De Rossi, collocazione 1178), venne acquistato nel 1816 da Maria Luigia d’Austria, unitamente ad altri importanti documenti della cultura ebraica in Italia. Ella stessa poi ne fece dono alla Regia Bibliotheca Parmense, oggi biblioteca Palatina, dove il Commentario del Pentateuco di Rashi è custodito in tutto il suo splendore. Pare che lo stesso De Rossi fosse talmente interessato al commentario di Rashi, evidentemente tomo di grande pregio, che ne acquistò una seconda copia dopo che la prima andò smarrita nel Po.
A memoria di questa storia e di questo raro e prezioso libro, anche simbolo della tradizione degli incunaboli di cui pure Reggio fu copiosa fucina, una copia fotografica rientra dal 2006 nel patrimonio della Biblioteca comunale Pietro De Nava di Reggio Calabria. Essa fu richiesta e ottenuta dall'allora sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, su impulso dell’assessore alla Cultura dell'epoca Fabrizio Veneziano, dell’allora direttore della biblioteca reggina Domenico Romeo e dello storico Francesco Arillotta.
Un'altra copia del Commentario è custodita a Gerusalemme. Trecento sarebbero state in tutto le copie del solo testo di Rashi stampate da Avraham Ben Garton Ben Yishaq su carta di lino a Reggio, come riportato nella “Storia della Tipografia ebraica in Italia, Spagna, Portogallo, Turchia e Levante dai suoi inizi intorno al 1472" di Bernhard (Haim) Friedberg. Di queste stampe originali c’è notizia solo di quella custodita a Parma, di cui vi è copia e Gerusalemme e a Reggio Calabria. Essa è anche l’unica opera, tra quelle stampate dallo stesso Avraham Ben Garton Ben Yishaq nella Giudecca Reggina, sopravvissuta al successivo rogo del libro e della cultura ebraica.
Un rogo, frutto di un’accanita persecuzione causata dalla rivalità con la stampa di libri in lingua Italiana, molto meno redditizia e quindi minacciata da quella in lingua Ebraica.
L’esposizione al pubblico e l’incontro con Debora Penchassi: "Il commento di Rashi, per la comunità ebraica mondiale il più importante mai scritto”
Il Commentarius in Pentateuchum, opera di Rashi, considerato il "padre" di tutti i commentari talmudici, è stato al centro di un incontro svoltosi nella cornice della sala Garcilaso De La Vega del Castello Aragonese di Reggio Calabria. Patrocinato dalla Regione Calabria, dal Comune di Reggio, dall’Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei) e dalla Comunità ebraica di Napoli, l’evento è stato realizzato con fondi regionali FUC di cui alla Legge Regionale 19/2019 – Avviso pubblico recante la denominazione “Contributi ad attività culturali Contributi ad attività culturali in attuazione DGR 64/2019 per celebrazioni e anniversari, seminari e pubblicazioni scientifiche”.
Grazie all’opera del settore Cultura – Turismo dell’Assessorato alla Valorizzazione del Patrimonio culturale del Comune di Reggio Calabria, con parere favorevole della sovrintendenza Archivistica e Bibliografica della Calabria, l’incontro è stato occasione per raccontare questa storia insieme alla responsabile culturale della sinagoga di Lincoln Square di New York, Debora Penchassi, e per esporre la copia fino ad allora custodita presso la biblioteca comunale Pietro De Nava di Reggio, rendendola fruibile attraverso l’esposizione allestita nella sala Pietro Da Toledo del Castello Aragonese.
Superata la contingenza legata all’emergenza CovID19, l’esposizione tornerà ad essere aperta al pubblico ogni mercoledì dalle 9 alle 13 e, su prenotazione, in occasione di visite guidate di gruppi e scolaresche.
“Sono onorata di essere qui - ha dichiarato Debora Penchassi - e di sentirmi Calabrese come voi. Siamo qui per rievocare uno dei momenti più importanti della storia dell’Ebraismo, dato che qui fu stampato il prezioso Commentario al Pentateuco di Rashi, primo libro in lingua ebraica stampato con data certa, riferimento costante per studiosi e fedeli. Rashi fu un fine commentatore che nell’anno 1000 riuscì a realizzare questo prezioso commentario, confrontandosi anche con i più autorevoli rabbini, pure italiani. Credo ci siano dodici parole italiane nel Commentario proprio per questi virtuosi contatti culturali. Rashi ebbe il merito - ha spiegato Debora Penchassi - di preservare e diffondere la lingua ebraica attraverso i testi biblici presso le comunità residenti in Europa dopo la Diaspora, al punto da essere ritenuto uno dei più importanti artefici della rinascita dell’Ebraismo letterario nel Medioevo. Fu una missione che onorò con uno stile contraddistinto da chiarezza, precisione e semplicità. I suoi commenti, risalenti ad oltre un millennio fa, ad oggi possono essere ritenuti i più importanti scritti finora”, ha spiegato ancora Debora Penchassi che ha offerto un contributo inestimabile alla mostra. Conducendo una ricerca ha infatti recuperato presso la Chabad Central Library di Brooklyn a New York e presso la Jewish Theological Seminary of America, sempre a New York, otto pagine del Commentario di Rashi, riuscendo a produrne delle copie da portare a Reggio. Alcune di esse sono state riprodotte nei pannelli della mostra. In questa occasione, è stata suggellata un’importante collaborazione con il Comune di Reggio Calabria che sarà certamente foriera di altre iniziative al fine di comporre un mosaico complesso e prestigioso con tasselli antichi, il cui viaggio non conosce confini.
Un importante lavoro di squadra ha reso possibili l’evento e la mostra, fortemente voluti dall’amministrazione comunale di Reggio Calabria rappresentata dal sindaco Giuseppe Falcomatà, dall’assessora alla Valorizzazione dei Beni Culturali, Irene Calabrò, e dal direttore Generale del Comune, Giuseppe Putortì.
Un'iniziativa che da Reggio Calabria ha lanciato un importante segnale di pace in un momento in cui massimo era il livello di attenzione verso la comunità ebraica in Italia, a seguito dei gravi episodi di intolleranza successivi alla celebrazione della Memoria della Shoah.
Un incontro scandito da autorevoli interventi - Ada Arillotta, Soprintendente archivistica e bibliografica della Calabria, Ivana Pezzoli moglie di Roque Pugliese, responsabile calabrese per la Comunità ebraica di Napoli, Eligio Daniele Castrizio, docente del Numismatica presso il Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’Università di Messina e Francesco Arillotta, storico e componente della Deputazione di Storia patria della Calabria - che hanno contribuito ad arricchire la conoscenza della storia di questo scritto, del suo autore, del suo stampatore e della tipografia, sita tra Porta Mesa (attuale via Giulia) e la via Amalfitana (attuale via Felice Valentino), dove oggi è ubicata proprio via Giudecca, e della comunità Ebraica a Reggio.
Rashi Script, un primato culturale senza tempo
Stampato su una base di 37 linee, standard tecnico all'epoca ritenuto all'avanguardia (la Bibbia di Gutenberg, stampata venti anni prima a Magonza il 23 febbraio 1453, su 42 linee dal sesto foglio in poi, composta da 641 fogli, ovvero 1282 pagine, è inserita nel prestigioso elenco della Memoria del mondo dell'Unesco), il commentario di Rashi ha anche il primato di essere caratterizzato da uno stile pionieristico di stampa, oggi ancora noto come Scrittura Rashi. “Importante per la grandezza del commentario di Rashi fu anche il sapiente e originale contributo del tipografo Avraham Ben Garton Ben Yishaq che scelse il libro ebraico, ad oggi più studiato, più letto e più stampato, per sperimentare una nuova metodologia di stampa che per la prima volta, al fine di distinguere il commentario dal testo biblico stampato con carattere tipografico quadrato comune, fece ricorso allo stile semi corsivo sefardita del XV secolo, usato dagli Ebrei di Spagna. Un carattere arrotondato che per la prima volta veniva usato in un commentario biblico. Con l’invenzione della macchina da stampa, il commentario e il testo biblico furono incorporati in un’unica pagina, motivo per il quale la distinzione dei caratteri si rivelò utile e si diffuse proprio con il nome di Calabria Rashi e poi Rashi Script”, ha evidenziato Debora Penchassi, responsabile culturale della sinagoga di Lincoln Square di New York.
Stampe, seta e vino kosher: gli Ebrei a Reggio, un contatto virtuoso tra culture
La presenza ebraica fu per Reggio di fondamentale importanza, avendone segnato la storia in modo profondo. Fu uno scambio che generò benessere, lasciando tracce sopravvissute nei secoli, come il Commentario di Rashi. Ma non solo.
In Calabria meridionale si documenta l’esistenza passata di un numero di sinagoghe tale da porsi a confronto con la Palestina e con caratteristiche e stile in perfetta linea con le grandi sinagoghe orientali. Basti pensare a quelle di Vibo, Reggio (di cui rimasta soltanto la targa oggi custodita al Museo archeologico reggino) e Bova, dove insistono le tracce della seconda sinagoga più antica d'Europa, dopo quella di Ostia Antica.
A denotare lo spessore di Reggio e della sua Giudecca anche l’opera di Evangelizzazione cristiana in Calabria che non a caso, secondo alcuni storici delle Religioni, inizia a Reggio nel 61 d. C., in occasione della sosta di Paolo di Tarso, principale missionario del Vangelo di Gesù e noto come l’apostolo dei Genti, proprio in ragione della presenza di una comunità Ebraica florida.
Poi ancora il ruolo indiscusso di Reggio, crocevia dei commerci internazionali di seta e vino dolce kosher, ossia vino d'uva prodotto secondo la legge religiosa del Giudaismo e utilizzato per i riti dello Shabbat (il sabato di riposo e preghiera) e della Pesach, Pasqua Ebraica, tra gli altri. Una produzione che, come dimostrano i numerosi ritrovamenti tra Ferruzzano e Bruzzano, avveniva su palmenti in pietra con un sistema di produzione (oggi al centro di studi internazionali) identico a quello utilizzato in Palestina, Siria ed Egitto. Ciò pone la Reggio di un tempo, in un contesto di notevole sviluppo economico, dopo un periodo di povertà e sfruttamento, e sede di fervide e redditizie attività produttive. Il ruolo degli Ebrei in questa prosperità è documentato.
La stessa raffigurazione della Menorah sul collo delle anfore classificate come Keay LII, la cui produzione sulle orme del modello delle anfore siriane è tipica della Calabria Bruzia nel periodo compreso tra il IV e il VII secolo, attesta la committenza Ebraica di queste anfore utilizzate proprio per contenere il vino Kosher.
Altra produzione fiorente grazie agli ebrei della Giudecca di Reggio Calabria fu quella della seta che, fuori dal monopolio imperiale, con l’avanzata araba in Siria, arrivò in Calabria per la particolare attitudine delle sue coste ad essere terreno fertile per il gelso bianco, delle cui foglie si nutriva il baco da seta. È questo il tempo dello spostamento degli insediamenti abitativi dalla costa alle zone interne, anche per sottrarsi alle costanti incursioni degli Arabi. Una notevole fonte di ricchezza, quella della seta, alimentata dalla presenza della comunità ebraica che fu protagonista della sua commercializzazione internazionale.
Insomma una storia bellissima e tutta da ricordare. Molto abbiamo avuto e molto abbiamo perduto. Una storia ancora da conoscere e da scoprire e dalla quale continuare ad imparare, in un clima di incontro, studio e amicizia.