“Criminalità nuova in una società in trasformazione”. È questo il titolo del saggio ristampato da Gangemi Editore, e già parte dell’opera ‘Storia della Calabria’.
L’autore, dal profilo altissimo, racconta in un volume di 135 pagine, un’indagine storica che riporta alle origini dell’associazione criminale detta ‘Ndrangheta. Saverio Mannino, cinquant’anni in magistratura, più volte componente del Consiglio Superiore, un passato illustre da presidente emerito della Corte di Assise di Palmi e presidente della Prima Sezione Penale del Tribunale di Reggio Calabria e già presidente titolare della Terza Sezione Penale della Corte Suprema di Cassazione, nell’esercizio di tali funzioni, ha trattato importanti processi di criminalità organizzata come quello ricordato come la “strage di Razzà” o come quello che portò alla sbarra molti ‘ndranghetisti in quella che fu la guerra di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro.
Un lavoro paziente e laborioso quello dell’autore. Un’analisi approfondita delle fonti, analizzate, confrontate, e soprattutto, studiate filologicamente e criticamente in relazione tra di loro.
Passaggi storici che gli hanno permesso di mettere assieme, analiticamente e con fonti documentali, elementi che seguono il percorso dell’infiltrazione mafiosa, fino a raggiungerne le sue origini, svelando i meccanismi organizzativi e gli intrecci di interesse. Tipicità che hanno consentito al fenomeno criminale di acquisire la presenza endemica, le dimensioni e il potere sociale che continua tuttora ad esercitare.
Mannino, attraverso l’esplicitazione di fatti e non di mere interpretazioni, restituisce una visione completa di come la criminalità organizzata si è formata ed ha esteso il suo potere, ma soprattutto, da come si è distinta dalle altre mafie con il suo modo di agire rispetto alla narrazione di sentenze che hanno caratterizzato la gestione ‘familiare’ del potere. Un potere definito nel corso della sua storia criminale, con un unico filo conduttore: la capacità operativa e la stessa sopravvivenza, nel corso dei decenni, delle famiglie di ‘ndrangheta, sono state garantite dall’obbedienza incondizionata agli ordini trasmessi dal vertice, e dall’omertà più assoluta.
Il Primo Novecento segna in modo più ragguardevole le caratteristiche e la diffusione della nuova associazione per delinquere. Le ricerche condotte su fonti processuali, e alle quali densamente l’autore fa riferimento, testimoniano un intervento giudiziario diffuso in tutta la regione in quell’arco di tempo, a carico di gruppi associati, consorterie nuove, sorte a cavallo del fenomeno del brigantaggio. Sentenze del tribunale di Nicastro del 1903 o di quello di Cosenza del 1904 o ancora, del Tribunale di Reggio Calabria o della ‘Corte di appello delle Calabrie’ nel 1908, ‘parlano’ di ‘associazione alla Malavita’, appartenenza all’ ‘Onorata società’, affiliazione alla ‘camorra’ o alla ‘maffia’. I termini mafioso, camorrista, picciotto, nella genesi etimologica, precedono quello di ‘ndranghetista, ma loro struttura di riferimento a grandi linee, è molto simile.
La sua storia - della ‘ndrangheta - quasi inevitabilmente affonda le radici nell’economia agraria. La questione demaniale rimase aperta nel Mezzogiorno, subito dopo l’Unità d’Italia e fu motivo di aspre lotte tra contadini e proprietari terrieri. La conflittualità indotta, finiva per coalizzare i contadini sulla base di un fronte comune affiliandosi in organizzazioni spontanee per il controllo e la gestione del latifondo. Tanti i processi nell’inizio 900 a suffragare ciò, soprattutto nelle grandi aeree latifondistiche come il Marchesato di Crotone, la Piana di Sibari, il basso Lametino, il basso Mesima o la Piana di Gioia Tauro. Secondo Mannino, l’effetto complessivo di questo pseudo antagonismo di classe’, era quello di un poter totalizzante e di controllo, basato su un vero e proprio regime di governo sul latifondo, chiamato blocco di potere agrario. Infatti la capacità di infiltrazione della criminalità organizzata, trovò un naturale punto di inserimento nella struttura gerarchica del latifondo, ossia nei gradi intermedi della cinghia di trasmissione del potere agrario: i massari, i guardiani, i ‘caposquadra’ e i soprastanti.
In quel contesto in Calabria, e per tutto il Novecento, gli uomini di dell’Onorata Società appaiono come esponenti della borghesia locale, imprenditori influenti, o addirittura, uomini d’onore e di rispetto, dotati di autorità sociale, ai quali ognuno si rivolgeva per risolvere controversie private o per altri interventi, anche di carattere politico-elettorale.
Da una forte localizzazione, la ‘ndrangheta arrivò ad un’emancipazione economica, quando divenne classe dirigente. L’infiltrazione nella società era frutto di relazioni stabili con ogni strato di potere e soprattutto con la politica. Il risultato è un sistema generale di controllo delle istituzioni che, non ne rispetta gli scopi funzionali bensì li indirizza in favore di interessi della corporazione malavitosa.
Aspetti emersi dai racconti di pentiti, dall’affiliazione carceraria e l’esempio della ‘Famiglia Montalbano’, dalle prime testimonianze processuali dell’‘Onorata Società’, da passaggi storici e sociali come la rivolta di Reggio; tutti riportati con estrema dovizia negli elementi bibliografici.
Il riferimento è al secondo dopoguerra, periodo in cui il fenomeno ‘ndranghetistico esplode nel suo duplice aspetto di componente sociale assorbita nel tessuto borghese e di componente fortemente criminale. Si registrarono in quegli anni infatti, episodi violenti come sequestri di persona, omicidi, rapine clamorose e gravi atti di intimidazione. L’operazione Marzano (prese il nome dal Questore di Reggio Calabria 1955) fu un intervento massiccio e capillare di polizia che portò per la prima volta alla pena del soggiorno obbligato di numerosi criminali. Distaccare lo ‘ndranghetista dal territorio, dalla sua fetta di potere, fu la prima nuova chiave di lettura dell’evoluzione della ‘ndrangheta. E il saggio di Mannino, forse per la prima volta, attraverso fonti processuali ne scandisce il senso, e affronta in maniera scientifica l'argomento del radicamento territoriale, aiutando il lettore a comprendere meglio le caratteristiche, le potenzialità e le ramificazioni di un fenomeno criminale di così ampia portata nella società contemporanea.