Vittorie incredibili, emozioni straordinarie ma, soprattutto, tanta profonda umanità.

Tutto comincia con l’amore per il calcio, maturato sin da bambino. Un amore che Alberico (Chicco) Evani ha suscitato nei tifosi rossoneri prima e che ha trasmesso poi ai giovani e giovanissimi che ha allenato nella sua carriera. Arriva a Reggio Calabria l’ex centrocampista del Milan, ora viceallenatore della Nazionale di calcio italiana, per presentare il libro, edito da Mondadori Electa, “Non chiamatemi Bubu”, il libro scritto insieme alla giornalista Lucilla Granata. La presentazione il 18 ottobre, a palazzo San Giorgio, nel corso di un partecipato incontro che ha convolto giovani e sportivi. L’evento, patrocinato dal Consiglio regionale della Calabria, è stato promosso dall’Anci Giovani reggina, in collaborazione con il CSI, l’Associazione Leonardo, l’Asd Archi Club e diverse realtà associazionistiche. Ad aprire i lavori il consigliere metropolitano delegato al Bilancio ed alle Politiche Giovanili, Antonino Castorina: «È un appuntamento che vuole raccontare un pezzo di calcio positivo – ha spiegato – partendo dalle università e dalle associazioni che rappresentano la culla della cultura, per portare avanti l’idea dello sport pulito, che porta integrazione e sviluppo del territorio». Rosa Sgambelluri, ricercatrice di didattica e pedagogia speciale alla Mediterranea, si è soffermata sullo sport come progetto di vita. «Se praticato a scuola - ha detto - concentra l’attenzione verso un obiettivo da raggiungere e aiuta a superare le insicurezze. Lo sport educativo è uno strumento di inclusione, di conoscenza umana, una modalità gratificante per costruire cittadinanza attiva».
Luca Cristarella, rappresentante degli studenti nel comitato universitario della Mediterranea sottolinea l’importanza dello sport come vettore che riesce ad accomunare tutti: dai più giovani agli anziani. Paolo Cicciù, Presidente Provinciale del CSI a fine pomeriggio ha anche premiato i giovani sportivi reggini, si è soffermato sui grandi risultati dell’ultimo anno «dell’alleanza educativa che sta guidando lo sport a Reggio Calabria, in cui è fondamentale fare rete – fermo restando che – lo sport è educazione, cittadinanza e responsabilità». Angela Busacca, docente di diritto sportivo, Digies alla Mediterranea, approfondisce i temi di sport e diritto. «Non è solo un sistema di regole – evidenzia - ma proclamare un diritto allo sport vuol dire professare un’attività di realizzazione della persona che deve essere garantita a tutti. Quindi, da un lato, l’importanza di vivere questo sport nel modo migliore e, dall’altro, garantire regole che non sono costrizioni ma rispetto della legalità».

È poi Lucilla Granata ad introdurre le tematiche del libro: «Chicco non è mai stato un personaggio del calcio – racconta la giornalista - anche se ne è stato un protagonista è di poche parole. Così quando ha finito di giocare ha voluto scrivere della sua vita. Ci siamo incontrati a Cremona e mi ha chiesto di leggere i suoi scritti. Mi ha molto emozionata e sorpresa e non era banale visto che scrivendo non faceva il mio mestiere. Io, da giornalista, ho aggiunto una lunga intervista. È una storia di vita in cui c’è Sacchi (che del libro ha curato la prefazione, nds), il Milan e la nazionale e i protagonisti di quegli anni e di quelle stagioni eccezionali».
Perché Evani ha deciso di scrivere un libro? «Per il desiderio di aprirmi di più alla gente di farmi conoscere. In realtà non so il motivo preciso, piuttosto so di averlo fatto senza pormi dei limiti, perché chi scrive ha il dovere di non porsi limiti. Ho iniziato dopo aver perso due persone care: il magazziniere delle giovanili del Milan e Andrea Pazzagli. Tante volte ho cercato nella memoria e ho scritto per poi cancellare subito dopo. L’impressione era quella di mettere nero su bianco racconti banali o poco interessanti. Fino a quando ho capito che stavo sbagliando a voler ricercare la perfezione nelle mie parole, la perfezione non è reale». Inizialmente la copertina del libro avrebbe dovuto essere un’immagine di Chicco di spalle con una sacca di palloni e un bimbo. Poi non si è trovata l’originale e quindi sono cambiati i programmi. Ma quella foto testimonia il grande amore per l’insegnamento del calcio ai più piccoli. «Ho allentato dagli esordienti, agli allievi fino ai grandi e mi sono sempre divertito, soprattutto perché ho avuto a che fare con i bambini che sono l’espressione del calcio “puro”. A loro dico che lo sport insegna lo spirito di sacrificio, il coraggio e che se anche non tutti diventeranno calciatori professionisti sicuramente potranno essere delle persone migliori».