
Dal 1995 al 1997 è stato caporedattore a Rai International, quindi vaticanista e inviato del Tg2. Dal 2002 al 2014 è stato responsabile della Redazione Esteri del Tg2; da inviato ha seguito alcuni dei principali fronti di tensione e teatri di politica internazionale degli ultimi decenni. Attualmente ricopre il ruolo di caporedattore vaticanista. Attraverso questo 'ufficio' ha raccontato i pontificati di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco. Romeo, scrittore di numerosi saggi, tra cui "Oltre i muri - Diario del viaggio di Papa Francesco in Terra Santa" di considerevole successo, non ha voluto esimersi dal condividere con i lettori di Calabria on web alcune riflessioni su la sua Calabria.
Dopo tanti anni lontano dalla sua terra, come ha lasciato la sua Calabria e come la ritrova adesso, ogni qual volta ci ritorna a trascorrere le vacanze?
Ho lasciato una regione fortemente malata e la ritrovo quasi sulla soglia del coma irreversibile. Non tutto è perduto ma bisogna fare in fretta, mettendo immediatamente a frutto le tante potenzialità di cui la nostra terra dispone: tipicità agro-alimentari, bellezze naturali e turistiche. Ci sentiamo marginali ma siamo al centro del Mediterraneo e sarebbe ora di prendere coscienza di questa posizione strategica, che da sempre fa della Calabria un punto di contro tra culture e mondi diversi, nell’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest. Serve un progetto e una stretegia di sviluppo, non si può procedere a tentoni, navigare a vista, rimanere eternamente sotto costa pensando al massimo di incassare il denaro di una legge speciale o di una normativa europea. Dobbiamo sapere cosa fare di questi soldi, come metterli a frutto e moltiplicarli perché aiutino a dare risorse e futuro al territorio, oggi dissanguato dall’emigrazione dei giovani.

Il suo lavoro e il suo percorso professionale, l'hanno spinta e la spingono a raccontare storie distanti e distaccate dalla Calabria. C'è stato un momento nella sua vita in cui ha pensato di tornare a fare il giornalista in Calabria?
“Sì, certamente. Ma non era facile realizzare questo desiderio. Per me, che sono di Siderno e lì ho casa e radici, avrebbe comunque significato fare il pendolare verso un’altra località della Calabria, con riflessi negativi nell’organizzazione familiare. Inoltre, la mia specializzazione - Vaticano e politica estera - in qualche modo mi ha vincolato”.
Fare informazione in Calabria rischia di diventare difficile. Il 'giornalista calabrese' soffre di due livelli di criticità. Il primo, riguarda i casi in cui è sottopagato, svilito, sfruttato; il secondo, riguarda i casi in cui è costretto a difendersi da minacce e intimidazioni. Come si esce da questa palude?
“Il problema della disoccupazione e della sottoccupazione nel campo dell’informazione e dei mass media è ormai comune a tutte le regioni d’Italia. Certo, in Calabria ci sono problemi specifici che per certi versi rendono ancor più grave la situazione. Ma ci sono anche dei vantaggi: il fatto, ad esempio, che in qualche modo ci si conosce tutti, che non si è ridotti a numeri come capita nelle grandi città. Voglio dire che se uno ha stoffa può più facilmente farsi notare ed emergere in ambito regionale, per poi tentare di fare eventualmente il gran salto. Quanto alle minacce, credo che la limpidezza e l’onestà del proprio lavoro, fatto senza interessi personali, ma per puro amore della verità, sia la migliore assicurazione contro le mafie e i violenti di ogni genere. Naturalmente servirebbe anche una categoria professionale forte - ordine e sindacato - capace di difendere chi subisce vessazioni”.
Accanto alla professione di giornalista, trova spazio nella sua imponente carriera, quella di scrittore. Da dove nasce questa passione, o questa 'intuizione'?

Attraverso il suo lavoro, ha raccontato i pontificati di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Cosa le ha più colpito di queste tre grandi figure apostoliche?
“Sono figure molto diverse tra loro ma naturalmente c’è anche una continuità. Ognuna riflette in qualche modo il suo tempo: Giovanni Paolo II è stato il picconatore dei muri della guerra fredda, Benedetto XVI il garante dell’ortodossia in un periodo in cui il mondo era attraversato da grandi paure, Francesco è l’uomo del “cambio d’epoca” che sta riportando la Chiesa al largo nell’era postmodernista, multiculturale e globalizzata che stiamo vivendo. Cosa mi ha colpito? Il carisma magnetico di Wojtyla, la solida profondità teologica e intellettuale di Ratzinger, l’apertura e la sobrietà di Francesco. Ma attenzione agli schematismi e agli stereotipi. Alla fine, dei tre il gesto più “spericolato” lo ha fatto il papa ritenuto più conservatore, Benedetto, che ha scelto di dimettersi perché ha ritenuto di non avere più le forze sufficienti per reggere il timone di Pietro”.
Del viaggio in Terra Santa di Papa Francesco, ha scritto un libro, “Oltre i muri”. Qualora potesse sintetizzare in poche parole le emozioni che le ha restituito produrre il “Diario” di quel viaggio, cosa scriverebbe?
“Mi chiedono spesso di scrivere resoconti dei viaggi papali. In questo caso l’editrice 'Àncora' con la quale collaboro ha voluto sperimentare una pubblicazione in formato e-book. Avevo già seguito i pellegrinaggi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Il primo probabilmente fu il più emozionante, ma rimarrà indimenticabile anche la sosta compiuta al Muro del pianto da Francesco e l’abbraccio con il rabbino Skorka e il musulmano Omar Abboud. Io ero lì, fu davvero un grande momento, un gesto di riconciliazione in una terra divisa da odio e incomprensioni”.