Lunedì 9 marzo con inizio alle ore 11 è convocato il Consiglio regionale - nell’Aula Francesco Fortugno di Palazzo Campanella a Reggio Calabria - per l’elezione dell’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa che è composto dal Presidente, due Vicepresidenti e due Segretari-Questori; un Vicepresidente e un Segretario-Questore in rappresentanza delle opposizioni.

Successivamente, con la costituzione dei Gruppi consiliari e delle Commissioni permanenti e speciali l’XI Legislatura potrà iniziare, “in rappresentanza della società calabrese”, ad esercitare la potestà legislativa “e le altre funzioni ad essa attribuite dalla Costituzione, dallo Statuto e dalle leggi”. Cala, dunque, il sipario sulla breve ma intensa campagna elettorale conclusasi con il voto del 26 gennaio che ha assegnato l’onore e l’onere della governance ai consiglieri regionali del centrodestra e alla Presidente della Regione on. Jole Santelli e, al contempo, l’onore e l’onere dell’opposizione ai consiglieri del Pd, di Dp e al movimento “Io resto in Calabria” il cui leader, l’imprenditore Pippo Callipo, è stato il candidato alla Presidenza sconfitto. Dieci sono le Legislature alle nostre spalle. Mezzo secolo di regionalismo calabrese, con alti e bassi, su cui sarebbe utile aprire un corposo, serio e proficuo dibattito. Non per esaurirlo in polemiche intestine o facili j’accuse. Ma per tentare di capire come mai (e perché) l’ispirazione originaria della prima Legislatura che si rinviene nel primo Statuto regionale - approvato nel 1971 mentre ancora divampava la storica rivolta di Reggio Calabria - e che prometteva (coraggiosamente) di aggredire la “storica arretratezza” e realizzare la “piena occupazione” attraverso una politica segnata da benefici tratti utopici e da un robusto pensiero meridionalista, nel tempo si è considerevolmente attenuata. Adesso, a nuova Legislatura appena avviata, in un contesto storico profondamente mutato e col Paese immerso in una transizione economica, politica e istituzionale che presenta molte incognite (a cui si è aggiunta una devastante questione sanitaria scatenata dal “coronavirus”) e pone gravi interrogativi, i calabresi si attendono dalla Regione parole di verità e una sterzata vigorosa nell’amministrazione della cosa pubblica che consenta loro di avere speranza nel futuro. Se più direttamente tocca al nuovo Governo della Regione adoperarsi, con atti e fatti concreti, per fronteggiare i tanti problemi quotidiani e le antiche e nuove emergenze sociali, non meno facile, cruciale e importante è la funzione del Consiglio regionale. Da cui i calabresi si aspettano, oltre all’esercizio fondamentale della prerogativa legislativa, anche risposte al disorientamento culturale generato dai mutamenti in corso. Il Consiglio regionale è il Parlamento della Calabria. Qui prende corpo e forma - nell’Aula e in tutte le sue articolazioni a incominciare dalla Commissioni permanenti e speciali - il confronto plurale che incide sulla qualità della democrazia calabrese. Ed è un’autentica palestra di democrazia, in cui sono presenti tutte (o quasi) le opzioni politiche che agiscono in rappresentanza dei calabresi, che pertanto può, anche attraverso dibattiti sulle grandi questioni del momento (divario di sviluppo Nord-Sud; fuga dei giovani; riforme istituzionali; identità culturale; legalità; ruolo delle Università; sanità e welfare, ecc…) recuperare quel rapporto di fiducia fra Istituzioni, politica e società civile, senza cui la democrazia rischia di perdere valore, significato ed efficacia. Al nuovo Consiglio regionale, che si assume il compito non agevole di essere la “Casa dei Calabresi” in un frangente storico complesso come quello che la Calabria attraversa, i migliori auguri di buon lavoro!