Una eccezionale scoperta in campo medico che promette di rivoluzionare il trattamento di importanti patologie legate all’infarto come la cardiopatia ischemica e lo scompenso cardiaco, prima cause di morte e di ospedalizzazione nel mondo occidentale.
La scoperta è stata fatta dal gruppo di ricerca guidato dal Prof. Daniele Torella, ordinario di Biotecnologie mediche applicate alla Cardiologia e responsabile del Laboratorio di Cardiologia Molecolare e Cellulare del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro. La scoperta consiste nella individuazione di un gene necessario alle cellule staminali cardiache per rigenerare il cuore danneggiato dopo un attacco cardiaco prevenendo e curando lo scompenso cardiaco. Pubblicato sulla prestigiosissima rivista scientifica Nature, lo studio del team calabrese ha dimostrato per la prima volta che una ridotta espressione di un gene, il c-kit, anche conosciuto come recettore delle cellule staminali, diminuisce il potenziale biologico rigenerativo delle cellule staminali cardiache riducendo la capacità riparativa del cuore che dopo il danno inesorabilmente progredisce nello scompenso cardiaco.
Professore, insieme al suo staff di ricercatori avete raggiunto un importante risultato nel campo delle cardiopatie ischemiche e dello scompenso cardiaco. In cosa consiste?
Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi la causa maggiore di mortalità in Italia sia nelle donne sia negli uomini. Con il progressivo invecchiamento della nostra popolazione, anche grazie ai successi della medicina moderna, siamo, però, di fronte ad una vera e propria epidemia dello Scompenso Cardiaco. La ricerca cardiovascolare mondiale ha, infatti, oggi come primo obiettivo quello di ridurre le ospedalizzazioni e la severa mortalità per Scompenso Cardiaco, che è la conseguenza principalmente della cardiopatia ischemica. La medicina rigenerativa è emersa nei recenti anni come unica possibile terapia per bloccare il progressivo deterioramento della funzione cardiaca nei pazienti con Scompenso e poter ottenere una ripresa della contrattilità cardiaca tale da restituire una prospettiva di vita normale ai pazienti con Scompenso Cardiaco. Tuttaivia, è chiaro che la medicina rigenerativa è ancora in fase assolutamente sperimentale e prima di una sua efficace applicazione su larga scala ai milioni di pazienti che ne avrebbero bisogno c’è ancora tanta strada da percorrere. Su questa premessa, un significativo passo avanti è stato raggiunto grazie ai dati del nostro Laboratorio che ormai da più di 10 anni si interessa delle cellule staminali cardiache adulte e del loro potenziale rigenerativo. In particolare, in un nostro recente studio, pubblicato su Nature, la più famosa rivista scientifica al mondo, abbiamo identificato il ruolo chiave di un gene, denominato c-kit, un recettore tirosin-kinasico proprio delle cellule staminali, che risulta necessario alle cellule staminali cardiache per rigenerare il cuore danneggiato dopo un attacco cardiaco prevenendo e curando lo scompenso cardiaco.
Come è stato svolto lo studio nel corso degli anni e in che modo è stato finanziato?
Lo studio è stato svolto nel nostro Laboratorio di Cardiologia Molecolare e Cellulare, da me diretto, nel Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. Lo studio è stato condotto dalle giovani ricercatrici afferenti al nostro Laboratorio e tra loro, in particolare, le dottoresse Carla Vicinanza, Iolanda Aquila, Eleonora Cianflone, Mariangela Scalise, Fabiola Marino e Teresa Mancuso. E’ stato principalmente finanziato dal Fondo per Ricerca Finalizzata 2012 del Ministero della Salute, tramite la Regione Calabria ma anche dal PRIN2015 del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di cui sono il Responsabile Scientifico.
Questi risultati quale apporto possono dare per la cura di determinate patologie?
Lo studio risolve in maniera definitiva una controversia fondamentale per la comunità scientifica cardiovascolare aprendo le porte a nuovi orizzonti terapeutici per la medicina rigenerativa in Cardiologia. Al momento, lo studio è stato condotto su un modello animale, ma da nuova spinta alla sperimentazione pre-clinica di queste cellule su grosso animale per arrivare poi coerentemente alla prima sperimentazione clinica su pazienti con Scompenso Cardiaco post-infarto. L’obiettivo di questa terapia è quello di poter un giorno riuscire ad ottenere un trapianto cardiaco senza realmente trapiantare un cuore ma trapiantando cellule staminali che invadendo il cuore danneggiato e scompensato lo rigenerino dall’interno. Come già detto, bisogna però sottolineare proprio a tutela di tutti i pazienti e delle loro famiglie, allo scopo di evitare di generare in loro false speranze, che tale terapia è ancora solo il futuro e abbiamo bisogno ancora di investire tanto nella ricerca di base perché questa terapia in un futuro non lontano possa diventare realtà quotidiana.
La vostra scoperta è frutto del lavoro di ricerca di equipe. Si può fare ricerca ad alti livelli anche in Calabria? Come la politica regionale può incentivare e sostenere la ricerca?
Questi prestigiosi risultati da un Laboratorio composto da giovani ricercatrici calabresi e interamente ottenuti nelle infrastrutture e nei centri di ricerca interdipartimentali dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. Aver pubblicato questi dati su una rivista così prestigiosa come Nature è ulteriore dimostrazione che si può essere competitivi nelle sfere più alte e più ambite della ricerca mondiale. La ricerca dipende prima di ogni altra cosa dal talento e dal genio di chi si applica in questa affascinante e difficile sfida di sconfiggere le peggiori malattie attraverso il superamento delle barriere della attuale conoscenza umana. Questa regione così come tutto il Sud di Italia ha dalla sua parte queste menti di giovani in gamba, talentuosi, appassionati e pronti a questa sfida culturale per diventare primi nel mondo. Di fatto, quello che la politica regionale deve fare e continuare a fare è scommettere sul potenziale dei sui giovani avendo anche l’ambizione di attrarne altri da fuori aumentando il finanziamento della ricerca di base e non solo quella industriale. Il mondo della ricerca dovrebbe essere sempre più visto come una possibilità di crescita per la Calabria, perché fare ricerca significa fare sviluppo e creare economia. La politica regionale come tutta la società civile calabrese dovrebbe aver bene in mente che il passo in avanti per diventare numeri uno in Italia e nel mondo non è poi così lungo. Basta utilizzare al meglio le risorse finanziarie mettendole a disposizione del mondo della ricerca regionale e contemporaneamente chiedendone ovviamente conto nei risultati ottenuti. Creando così un circolo virtuoso dove il meglio continua a finanziare il meglio e dove i migliori risultati non sono raggiunti dai singoli ma da un sistema che favorisce i suoi singoli migliori.