“Cristo è il centro e la linfa vitale della teologia. Il lavoro di don Giuseppe Silvestre deve essere collocato proprio in un orizzonte del genere. La sua vocazione alla teologia è un servizio prezioso reso a una terra, come l’amara Calabria, dove spesso l’Amore che è il Dio trinitario rischia di essere confuso con qualsiasi divo terreno, oppure con interessi di parte di qualche gruppo, o peggio con lo scambio di favori promessi da reti di malavita subdoli o manifeste.
L’orizzonte cristiano si rende reale se avvicina l’Amore di Dio con l’annuncio della bella Notizia e rende possibile anche la prossimità di questo amore aiutando prassi di misericordia e di liberazione”.E’ esplicito e come sempre diretto l’arcivescovo metropolita di Napoli mons. Domenico Battaglia, che firma la prefazione al volume di don Pino Silvestre su “una cristologia per un nuovo umanesimo”. Il cui titolo, “Se tu conoscessi il dono di Dio”, è tratto dal “Vangelo del Logos” dell’apostolo Giovanni. Laddove (la città di Sicar) Gesù chiacchiera amabilmente con una donna di popolo.
Edito da Cantagalli ((348 pagine/22 euro), il libro è un corposo trattato che spazia su Cristo “Figlio dell’Uomo” nella storia (interessante la summa di ogni controversia antica e contemporanea) fino alla sanguinosa crocifissione e su Cristo “Figlio di Dio”, l’ “Agnus Dei” sacrificale dell’ “Apocalisse” per redimere i peccati dell’umanità e salvarla dalla morte.. Fatti, profezie, parabole e dotte citazioni dei Padri della Chiesa. E misteri che rendono, dopo oltre duemila anni, attuale la domanda che il “Nazareno” rivolse ai discepoli (Vangelo di Marco): “Ma voi chi dite che io sia?”.
Nessuna gravità intellettualistica, tuttavia. Tantomeno contorsioni lessicali per specialisti della materia che intralciano anziché favorire la comprensione.
Don Pino Silvestre, 80 anni 7 dei quali trascorsi da missionario in Brasile, prete dallo sguardo mite alla “Chiesa del Monte dei Morti” di Catanzaro (ha insegnato Teologia sistematica nel prestigioso “Istituto San Pio X” ed è cultore di diritto canonico ed ecclesiastico all’Università Magna Graecia), affronta con quest’opera che si aggiunge alle numerose pubblicazioni dei decenni scorsi, ogni problematica cristologica (dal Vecchio e Nuovo Testamento a quelle emergenti in Asia, America Latina e Africa e sempre con al centro le discontinuità e le aperture del Concilio Vaticano II) con un linguaggio semplice ma mai approssimativo.
Quasi con la stessa efficacia linguistica con cui il “Crocifisso” discute con una donna al pozzo di Giacobbe. Lui, per dissetarsi, le dice: “dammi da bere”. Lei, sorpresa, si schermisce per la confidenza che un giudeo riserva ad una qualunque samaritana che, da quel momento, diverrà “La Samaritana”, simbolo potente contro ogni intolleranza e presupposto imprescindibile per il dialogo interreligioso.
Si scambiamo parole. Lei gli porge l’acqua. Gesù, tra il serio e il faceto, le promette l’acqua viva: “Se tu conoscessi il dono di Dio”. E poi: “chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno”.
Ma nel libro non si ravvisa solo una densa ricerca analitica di dispute sui misteri della fede nel “Risorto”.
Don Pino, uno di quei sacerdoti “dal cuore sempre aperto” per accogliere il cambiamento d’epoca dalla parte degli ultimi che tanto piacciono a Papa Francesco, segna un’inconfondibile scelta di campo.
La spiega il l’arcivescovo Battaglia (che al magistero dell’autore del libero - riferisce nella prefazione - deve tanto per la sua formazione culturale e teologica): “Secondo don Pino, l’elaborazione di una dottrina su Gesù Cristo non può che alimentarsi nel Vangelo dei poveri, ma non si serve dei poveri per imporre una prospettiva esistenziale o di potere. Anzi, Cristo chiede proprio un vuoto di potere. La riflessione sistematica di don Pino non può realizzarsi senza il riferimento al Gesù storico e la fede stessa non può considerarsi un fatto puramente soggettivo, perché deve avere un aggancio con la realtà storica. I cristiani sono chiamati all’annuncio dell’Amore, testimoniato nel servizio ai poveri, ai bisognosi, alla società, in ogni luogo umano dove il Vangelo non è ancora arrivato”.
In più parti del libro, infatti, balza la predilezione non per una teologia intessuta di dogmi freddi e astratti, ma per una Chiesa vicina agli emarginati e ai deboli: “Pubblicani, peccatori e prostitute devono sentirsi accolti da tutti noi che fraternizziamo con loro, liberi dai pregiudizi che gravano sui rapporti sociali per gli schemi e la mentalità delle classi predominanti. Abbattendo, al contempo, come fece Gesù con la Samaritana, l’adultera, le sorelle di Lazzaro e Maria Maddalena, le discriminazioni che gravano sulla condizione delle donne e ridando loro dignità e diritti”.
Un testo non fine a se stesso o per pochi, dunque. Ma, come l’ha definito l’arcivescovo di Catanzaro - Squillace Claudio Maniago: “Un testo di cristologia per nulla scontato. Da esso traspare un sacerdote nella sua esperienza di presbitero che ha vissuto il suo ministero con uno sguardo continuo verso i bisognosi”.
Un libro non per pochi ma neppure per tutti. E’ la sottolineatura di Carmine Matarazzo, direttore del biennio di specializzazione in Teologia pastorale della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli, nella postfazione al libro: “Il progetto di vita di Gesù e l’impegno di chi a lui si richiama, esigono coraggio. L’uomo ricco, per esempio, che Matteo definisce ‘giovane’, pur mostrando molto interesse per il ‘Rabbì’ e la sua proposta, non riesce ad accettare la condizione posta da Gesù, un progetto trasformativo e pertanto radicale”.