Si tratta di una varietà di susina selezionata cinque secoli fa dai monaci benedettini, localmente chiamata “i pruna di frati” di Terranova, e le piparelle di Villa San Giovanni, un biscotto secco a base di mandorle e spezie.
Anno nuovo, presìdi nuovi. Dalla provincia di Reggio Calabria arrivano due novità, che si aggiungono ai Fagioli di Cortale, alla Razza podolica calabrese, al Moscato al governo di Saracena, al Gammune di Belmonte, al Pecorino a latte crudo dell’Altopiano Vibonese, all'Arancia belladonna di San Giuseppe, al Fagiolo poverello bianco, al Capicollo azze anca grecanico, al Caciocavallo di Ciminà ed al Pomodorino siccagno di Zagarise.
Il riconoscimento come Presidio Slow Food per “i pruna di frati” di Terranova, una cultivar di susina originaria del territorio pre-aspromontano della Piana di Gioia Tauro, è uno strumento di salvaguardia per evitare che venga abbandonata e persa, cercando di poter essere una fonte di reddito per i produttori. Mentre il percorso che ha portato al riconoscimento come Presidio Slow Food delle piparelle di Villa San Giovanni, invece, non nasce dalla necessità di riconoscere un valore anche economico al prodotto, bensì dall’urgenza di difenderlo dalle imitazioni.
“I pruna di frati” di Terranova deve il nome ai monaci benedettini celestini del convento di Terranova Sappo Minulio, a quaranta chilometri dal capoluogo. Furono loro, nel ‘500, a selezionare questo ecotipo e a sviluppare la coltivazione del pruno: ancora oggi, tra i ruderi dell’edificio, qua e là spuntano alcune piante. Il prugno produce susine molto nobili e delicate, i frutti, verde-giallastri che virano verso il rosso-violetto a piena maturazione, hanno buccia sottile e forma allungata e sono coperti da un consistente strato di pruina che li protegge dagli agenti patogeni. Sono molto dolci eppure non stucchevoli e la loro particolarità è la facilità con cui il seme si separa dalla polpa: basta un morso. La pianta si adatta ai terreni argillosi e non richiede particolari trattamenti. I produttori che aderiscono al Presidio sono sei e coltivano circa 7 ettari. La produzione è limitata, mediamente, in un ettaro crescono 350 piante. I frutti maturano a fine luglio e la raccolta si concentra in quindici, venti giorni. Freschi si conservano all’incirca una settimana, altrimenti si fanno seccare o si trasformano in confettura con cui si preparano le crostate della tradizione.
Le piparelle di Villa San Giovanni, simili per alcuni aspetti alle omonime piparelle messinesi, si distinguono dalle siciliane perché sono più sottili, per l’abbondanza di mandorle nell’impasto e per l’uso più parsimonioso delle spezie. È un biscotto secco che si ottiene impastando le mandorle e le spezie con il miele, lo zucchero e l’olio essenziale di arancio, e aggiungendo solo in un secondo momento la farina. Una volta ottenuti dei filoncini, questi vengono infornati e il giorno successivo tagliati a mano in fette sottilissime da infornare in teglia per un’asciugatura, più che una vera cottura.
Sono un prodotto tradizionale del territorio con una storia lunga più di un secolo che va preservata. Ecco perché il proposito del presidio è che ogni produttore sia libero di produrre le piparelle come meglio crede, utilizzando più o meno cannella o più o meno miele a seconda delle preferenze, ma rispettando gli ingredienti di sempre.