Alle falde del Monte Consolino, con le sue grotte e i suoi anfratti naturali, nella suggestiva Valle dello Stilaro a contatto di ruderi di chiese e monasteri risalenti all’epoca bizantina,
si erge il comune di Bivongi, luogo di incontaminata bellezza naturale ma anche sito di straordinario interesse storico, culturale, archeologico e spirituale. Una delle località rupestri della Calabria contrassegnata dalla fioritura del monachesimo italo-greco che servì da culla ai grandi santi calabresi tra i quali anche San Giovanni Theristis, monaco basiliano che in questo luogo visse e operò nel IX secolo, sulle orme di San Basilio e rimase appagato della sede di Dio, contribuendo a rendere celebre l’insediamento monastico, i luoghi dove ha vissuto e il suo aghiasma - fonte sacra -. Nel luogo di questo aghiasma sorse una basilica e un monastero bizantino dedicato a lui nel XI secolo, da un insediamento preesistente di una piccola comunità monastica basiliana, grazie a Ruggiero I il Normanno che avvio i lavori di edificazione della chiesa e dell’abbazia. Risale, infatti, al 1100 l’imponente Katholikon del Monastero, divenuto in breve tempo il più fiorente cenobio greco della diocesi di Squillace. Esso si sviluppò in periodo normanno come uno dei più importanti monasteri basiliani nel Meridione d’Italia e mantenne splendore e ricchezza sino al XV secolo. Il movimento religioso ha lasciato a Bivongi, ma anche e soprattutto in Calabria, un’impronta così profonda, vasta e duratura, della trascrizione dei codici – oggi arricchiscono le più grandi biblioteche del pianeta – come il Codice Purpureo di Rossano, il culto della Madonna così vivo e sentito in questa regione, mirabili tipi di architettura sacra e il ricco e inesplorato mondo dei toponimi. Ma, nel 1660 in questo territorio, la crescente latinizzazione ha determinato la decadenza e il definitivo abbandono del monastero da parte di monaci basiliani (greco-cattolici), che si trasferirono a Stilo in un nuovo insediamento dove portarono il corpo del loro protettore e la biblioteca, un tempo molto ricca.
Grazie a Paolo Orsi, circa cento anni fa, furono scoperti i ruderi della basilica e del monastero, oggi meta di monaci-pellegrini provenienti dal Monte Athos e da visitatori che apprezzano lo stato di conservazione di questo vero e proprio capolavoro dell’arte bizantino-normanna. Dopo i lavori di restauro, nel luglio del 2008, il Monastero è stato concesso alla Diocesi romena-ortodossa d’Italia che vi ha stabilito una vera e propria comunità monastica. Fu visitato dal Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, nel marzo 2001, il quale vi riportò una reliquia di San Giovanni Theristis dall’omonima chiesa di Stilo. Questo luogo sacro si presenta nuovamente con un patrimonio religioso variegato di icone, pitture, affreschi e ammirevoli arredi come l’iconostasi o lo splendido lampadario in oro nella navata centrale, con una grande base di dodici lati, su ognuno dei quali è raffigurato un apostolo. Il paese, ancor oggi attivo, in passato fu anche tra i più conosciuti per le molteplici attività che vi nascevano, dalla produzione della seta alla lavorazione dei metalli e della pietra, dalla generazione di energia elettrica all’estrazione nelle miniere del molibdeno. Oggi è anche una realtà agricola, specie per la coltivazione della vite che dà un eccellente vino doc, apprezzato da vari estimatori.
Dai corsi d’acqua che scorrono spesso in strette forre, originando così numerose cascate, sgorga la più alta - 114 metri - cascata della Calabria e dell’Appennino meridionale che è quella del Marmarico nel vallone Folea. Le acque dello Stilaro venivano chiamate “Sante” anche per le loro virtù terapeutiche-medicamentose, tanto da divenire i “Bagni di Guida” che sono un antico centro termale. Il toponimo Marmarico significa “lento, pesante” e ben descrive l’incessante caduta delle acque, velocissime e allo stesso tempo apparentemente immobili, che opportunamente inserite nel “Sentiero del Brigante”, si contestualizzano nella mobilità “lenta” particolarmente apprezzata dagli escursionisti d’Aspromonte, che provenienti dall’Italia e dall’Europa, certificano le potenzialità di un “cammino” destinato a diventare l’asse portante dello sviluppo sociale ed economico dell’aree rurali e montane tra l’Aspromonte e le Serre. Un cammino idoneo ad accrescere il turismo in chiave esperienziale – il percorso di trekking è di oltre 140 km tra Gambarie, Serra San Bruno e Stilo – inserito nell’Atlante dei Cammini d’Italia del Mibact, tra i 41 itinerari di valorizzazione del patrimonio naturale, ambientale e culturale disseminati lungo tutta la Penisola. La salubrità del luogo, le acque delle sorgenti e il buon cibo genuino legato alla “dieta mediterranea” sono gli elementi cardine che rendono questo paese “il borgo della longevità”, straordinario primato oggetto di varie ricerche scientifiche che studiano il “fenomeno” Bivongi, che ha una popolazione media di 1.300 abitanti, con una media di centenari dello 0,13% rispetto allo 0,037% della Calabria e lo 0,035 % dell’Italia. E proprio di Bivongi è originario il ceppo genetico della famiglia Valenti, sotto particolare osservazione per l’incredibile longevità dei suoi antenati, già documentata a partire dal XVII secolo.